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Alcuni principi di base
1. Cos’è e cosa non è il temporary management (TM)Cos’è
La definizione più completa è senz’altro la seguente, poiché ha il pregio di evidenziare (in neretto nel testo) gli elementi fondamentali su cui si basano questa professione e questo tipo di interventi. Per TM si intende l’ affidamento della gestione di un’ impresa o di una sua parte a manager altamente qualificati e motivati , al fine di garantire continuità all’ organizzazione, accrescendone le competenze manageriali esistenti, e risolvendone al contempo alcuni momenti critici, sia negativi (tagli, riassestamento economico e finanziario) che positivi (crescita, sviluppo di nuovi business). Gestione significa inoltre che il manager viene dotato di tutte le opportune leve ( poteri, deleghe ). Il modo più corretto con cui interpretare il TM è quello di vederlo come una terza via, accanto alla consulenza e alla dirigenza tradizionale, attraverso la quale l’ azienda può approvvigionarsi di risorse finalizzate a migliorare sia la propria performance che il livello delle proprie capacità di gestione. Cosa non è il TM e con cosa non va confuso Nei paesi come l’Italia ove questo strumento è ancora in fase di sviluppo, è facile imbattersi in alcuni luoghi comuni che rischiano di creare confusione sia nei potenziali utilizzatori sia nei manager che si avvicinano a questa professione. Vediamo i più frequenti. Non è consulenza Il temporary manager (di seguito indicato come Tman) gestisce ed esegue, il consulente consiglia: questa in sintesi la distinzione.
- il TM non è alternativo alla consulenza, è semplicemente una professione diversa, che richiede a sua volta attitudini, motivazioni e competenze diverse da quelle normalmente identificabili in un consulente
- avere un’età compresa tra 45 e 55 anni
- aver attraversato 5 cambiamenti di azienda con fino a 10 diversi ruoli ricoperti durante la propria carriera
- aver operato per oltre 20 anni come manager permanente
- aver possibilmente gi operato per oltre 3 anni come interim manager
- essere consapevole di “vendere” know how
- non è più interessato alla carriera intesa in senso tradizionale
- la transizione dal concetto di status (legato alla concezione del dirigente tradizionale) al concetto di valore/contributo che si è capaci di fornire all’azienda cliente, ovvero capacità di svincolarsi definitivamente dal concetto di dirigente
- la capacità di strutturarsi e pensare come un’ azienda , attuando una vera e propria rivoluzione copernicana nel modo di vedere sé stessi, il proprio lavoro e il valore del proprio lavoro.
- quando si debba gestire una situazione di turnaround legato ad un momento di crisi
- quando si debba rimettere in sesto un’ azienda o una sua parte prima di procedere alla sua vendita
- quando si debba pilotare e gestire un processo complesso di cambiamento, che interessi la cultura, la strategia e la struttura aziendale
- quando si debba lanciare nuove attività, specie se all’ estero
- quando si debba gestire situazioni di post merger
- quando si debba attuare il coaching di un manager permanente
- quando sia necessario gestire la transizione in attesa dell’ ingresso di un manager permanente
- quando si debba contribuire a gestire con successo il passaggio generazionale
- ogniqualvolta sia necessario gestire un progetto mirato.
- definire una lista dei problemi esistenti, valutando per ciascuno di essi il costo della non soluzione (o di una soluzione tampone non ottimale) su base annu
- valutare se esistono modi alternativi per risolvere lo stesso problema, ovvero:
- esistono le risorse manageriali disponibili, ma esiste un problema di definizione dei processi e delle metodologie più opportune? Forse potrebbe avere più senso ricorrere ad un intervento di consulenza direzionale.
- ho risorse interne di livello disponibili e i tempi di risoluzione del problema sono “normali”, ovvero le condizioni ambientali non richiedono di imprimere alcuna accelerazione? Potrebbe essere sufficiente ricorrere ad una soluzione di management di tipo permanente.