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A chi può essere utile un percorso psicoterapeutico?

Un percorso di psicoterapia individuale è sicuramente utile a chiunque lo voglia intraprendere. Tuttavia, molto spesso, se non addirittura ogni volta, la decisione di iniziare una psicoterapia è costellata da innumerevoli indecisioni, ambivalenze e perplessità, che appartengono ad una normale resistenza al cambiamento, ma soprattutto fanno parte di quei processi difensivi che ognuno di noi implicitamente o esplicitamente adotta per salvaguardare la rappresentazione e l’immagine che ha di se stesso.


Insomma, andare dallo psicoterapeuta fa più paura che andare dal dentista, questo anche perché gli aspetti problematici che una persona generalmente manifesta possono essere di due tipi e cioè :


1) egodistonici, quando la persona avverte disagio e tale disagio è riconosciuto come un aspetto disfunzionale della propria organizzazione identitaria;


2) egosintonici, quando la persona non avverte disagio significativo e addirittura certe condotte sono riconosciute non come problematiche, quanto piuttosto come risposte adattative utili e funzionali alle modalità esistenziali della persona.


Pertanto, ogni persona, che intende cominciare un proprio percorso psicoterapeutico, inevitabilmente vive questa sua possibilità, tanto quanto la psicoterapia stessa, come minacciosa sia perché mette in discussione un equilibrio personale che per quanto precario è pur sempre un equilibrio, sia perché la persona teme di incontrare, nel contesto psicoterapeutico, emozioni e affetti con cui ha paura di confrontarsi, se non addirittura un se stesso che non è degno di essere amabile.


Per queste ragioni, cioè proprio per aiutare la persona ad evitare di incamminarsi in un percorso di cui non è convinta, oppure che è troppo difficoltoso per le sue attuali disponibilità, lo psicoterapeuta generalmente valuta o dovrebbe valutare le risorse che la persona è in grado di mettere in campo, sapendosi mettere appunto in gioco. Questa selezione della domanda d’intervento proposta dal paziente, è già interpretabile come un’azione psicoterapeutica, in quanto, mettendo in evidenza i limiti che un percorso psicoterapeutico potrebbe incontrare nel suo sviluppo, offrendo informazioni aggiuntive sulla persona e in cosa consista lo sforzo e la fatica di una psicoterapia, evita in anticipo l’evenienza di una interruzione prematura del percorso terapeutico iniziato, o di un suo abbandono, evento sempre carico di frustrazione, delusione e, ciò è peggio, fautore di una cronicizzazione del problema, che potrebbe renderlo persino irreversibile.


La valutazione delle capacità della persona di saper affrontare la situazione terapeutica, dovrebbe basarsi sui seguenti punti:


1) La possibilità di stabilire un rapporto soddisfacente. Questo vale tanto per la persona che si rivolge a un terapeuta, quanto per il terapeuta stesso.


In una certa misura ci si deve scegliere, cioè il terapeuta deve sentire che può essere utile e d’aiuto alla persona, tanto quanto la persona deve sentire che lo psicoterapeuta può essere in grado di sostenerlo e metterlo nella condizione di confrontarsi con se stesso, aiutandolo a trovare le soluzioni più idonee per il suo o i suoi problemi.


2) La costatazione che la decisione di avviare un percorso psicoterapeutico parte dalla persona, cioè dal paziente. Lo psicoterapeuta dovrebbe sempre chiedersi: “Chi vuole iniziare davvero la psicoterapia? Il paziente o qualcun altro? Ogni psicoterapia che iniziamo non per noi stessi ma piuttosto per gli Altri (sia come presenze interne che esterne a noi stessi) è sempre destinata a non avere una grande utilità e a rivelarsi inefficace, perché disinnesca radicalmente l’intero processo psicoterapeutico, mettendone in discussione i suoi assunti e le sue ragioni.