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Le Mappe Celesti e Terrestri

LE MAPPE CELESTI E TERRESTRI DI ROSSELLA FARAONE



Gérard-Georges Lemaire



« [L'abate Gévresin ] le mostra l'anello che gira lentamente fra le dita, spiegando a Nostra Signora il senso di ogni pietra che risplende nella montatura d'oro, preludendo dalla giada verde, simbolo di quella fede che fece devotamente accogliere, dalla Vergine, il messaggio elegiaco dell'angelica paraninfa; uditi poi vengono; il calcedonio , che rifrange i fuochi della carità di cui la sua anima è ricolma; lo smeraldo, la cui luminosità ne delinea la purezza; la sardonica , dalle fiamme chiare, che si confonde con la pacatezza della sua vita verginale; la sarda rossa, che s'identifica col cuore sanguinante nel Calvario; il crisolito, i cui scintillii di un oro che sverdisce ricordano quegli innumerevoli miracoli e la sua saggezza; il berillo , che rivela la sua umiltà…»


Pierre-Joris Huysmans, La Cattedrale




Nei tempi passati, i pittori utilizzavano a volte degli animali (le setole del maialino bianco o le code di scoiattolo per fabbricare i pennelli, ma anche la cocciniglia , un insetto per elaborare il rosso) e, per ottenere i colori che gli erano indispensabili, i vegetali (il pastello, la robbia) degli intrugli chimici, ma anche delle terre (le terre d'ocra in particolare) e molti ingredienti appartenenti al mondo minerale, delle terre (gli ocra gialli e rossi, la terra verde, ecc.) e dei minerali che si dovevano triturare con pazienza e forza (l'espressione francese broyer du noir, vale a dire triturare del nero, viene dalla preparazione lunga ed incresciosa del colore nero ottenuto da semi o da rami di vigna bruciati), alcuni erano volgari, come il piombo, con i quali si faceva il bianco, altri erano abbastanza preziosi, come il porfido, per fare il rosso, o il lapislazzuli per ottenere il blu (si faceva ricorso anche alla pietra azzurra di montagna, molto meno bella). E l'oro, certo, era la materia più nobile e più onerosa. Il monaco tedesco Théophile aveva riportato, nel tredicesimo secolo, un buon numero di ricette raccolte in un importante incunabolo, mentre Cennino Cennini, nel suo Libro dell'arte della fine del quattordicesimo secolo, aveva riunito i principali processi utili alla pittura.


Con i progressi della scienza e più particolarmente della chimica, i colori sono cambiati in pure e semplice formule che, dalla fine del diciassettesimo secolo, non si è mai smesso di perfezionare, uno dei primi processi artificiali che abbiano ottenuto un successo universale, il blu di Prussia, non ha mai cessato di essere migliorato mentre altri metodi sono stati inventati e manifatturati.


Non furono pochi quei pittori, che per nostalgia, per necessità insite al lavoro, continuarono ad utilizzare dei modi di fabbricazione dei colori appartenenti ad un'era passata. Ma non sono che iniziative isolate. Tanto più che gli artisti, sin dall'inizio del secolo passato, non hanno mai smesso d'introdurre dei materiali nuovi, della carta da giornale e della carta da tappezzeria nei collage di Georges Braque e di Pablo Picasso, a partire dagli anni '10, fino agli oggetti più eterogenei – i materiali da discarica in Antonì Tapiès, le auto portate ai rottami per César e per Claes Oldenburg, le locandine con Villeglé e Arthur Aeschbacher, i resti del pasto con i piatti sporchi per Daniel Spoerri, l’ardesia nel caso di Raoul Ubac, i pezzetti di zucchero e cioccolato in Aldo Mondino, la lista sarebbe interminabile. Insomma la pittura a fatto spesso a meno del suo strumento d'origine.


Rossella Faraone appartiene a quella nuova categoria di pittori che lavora senza l'aiuto della pittura. Sino ad oggi ha scelto di realizzare le sue composizioni solo con pietre. Dobbiamo qui dissipare ogni sorta di malinteso che potrebbe nascere quando pensiamo al mondo minerale. Lei non è una scultrice (nel vero senso della parola) e ha tutta l'intenzione di restare nel campo pittorico, anche se le sue opere sono eccentriche da questo punto di vista (ma tutto è in relazione a ciò che sappiamo apertamente sull'arte moderna!). Lei non s'interessa al bassorilievo né al tutto tondo, anche se i suoi lavori presentano dei volumi provocati dalla natura stessa della materia che lei manipola. Lei gioca con lo spessore e l'irregolarità delle superfici meditate anticipatamente, ma ciò non è altro che uno dei tratti singolari della sua attività artistica .


La sua professionalità, la tecnica estremamente sofisticata che ha nel trarre dalle pietre ciò che ha in mente, gli vengono dal mestiere di gioielliere d'arte. Per lei, gli zaffiri, i rubini, gli smeraldi, gli onici non hanno alcun segreto. Che non si pensi tuttavia che lei si sia accontentata di trasporre una tecnica, di cui padroneggia bene tutti gli aspetti di questo nuovo campo espressivo, che non sarebbe altro che il puro e semplice prolungamento. Nell'esercizio dell'arte, dimentica le acquisite leggi della professione, che richiedono conoscenze approfondite e una pratica acuta, per conservare solo una profonda intimità con le pietre di valore. Non è facile passare da un artigianato che ha una dimensione artistica all'arte pura, vale a dire che esclude ogni funzione e valore d'uso.


Pochi artisti hanno utilizzato la pietra. Ricordiamoci che i nostri lontani antenati hanno lasciato l'impronta delle loro mani, disegnato gli animali e i cacciatori sulle pareti delle loro caverne - come possiamo ammirare a Lascaux in Dordogna, pitture rupestri che risalgono all'incirca a 14 000 anni prima della nostra era, Altamira, quasi 10 000 anni prima della nostra era, e a Cingle de la Mola in Spagna, creazioni che risalgono a circa 7 000 anni prima della nostra era – o sul fianco di massicci rocciosi. I Navajo dipingevano delle magnifiche composizioni su pietra e nell'antica Cina si elevavano a rango di opere d'arte pietre straordinarie. Uno scrittore come Roger Caillois, che provava piacere davanti ad una pietra come davanti una tela, ha evocato questa passione che si è protratta in oriente nel ventesimo secolo: “Oggi, si possono comprare nei negozi di Pechino e nelle grandi città cinesi, come in quelle giapponesi, pietre dalle forme eleganti e dalle curve armoniose, installate su piedistalli scolpiti . Sono queste l'equivalente di oggetti che potevano arrivare a prezzi vantaggiosi. Nel XVIII secolo, Tch’en Ki-jou enumera nel Trattato dei virtuosi divertimenti le condizioni favorevoli per apprezzare la pittura, tra queste: “su numerosi dipinti dell'epoca Song, che rappresentano giardini o terrazze di un palazzo, si venivano innalzate alte rocce irregolari come ornamento supremo della dimora.” Potrei anche evocare i giardini zen a volte completamente composti di rocce e ghiaia. Comunque, non sono esclusivamente i geologi ad essersi appassionati da pietre diverse, infatti queste vengono conservate anche nei gabinetti di curiosità del Rinascimento e dell'età barocca. Questa tendenza non si è mai placata. Rari sono quegli artisti che hanno lavorato con la pietra al di fuori della sfera specifica della scultura. Si può citare il caso di Raoul Ubac, quasi un'eccezione. La ricerca di Rossella Faraone assume una dimensione regolare, poiché le sue opere non utilizzano altri “pigmenti” se non le rocce che lei stessa sceglie. Ma lei ha avuto la forza, il talento e le qualità indispensabili per fare sì che queste pietre cambino, attraverso l'esercizio della sua volontà, in “pigmenti” per un genere di pittura che può sembrare un' autentica scommessa, una sorta di sfida.



I. La scrittura delle pietre



« Fin qui il disegno rimane allo stato di stella, di rosone, di linee e curve articolate in strutture semi regolari che si sviluppano secondo una ragione segreta, ma che è senza dubbio possibile calcolare. Altri moduli sono liberi da ogni regolarità. Nessuna aritmetica vi si lascia più indovinare . Adesso, grandi chiazze si dileguano in spiagge scintillanti o lustre: profili di avannotti o girini, di salamandre, di alambicchi d'alchimisti dal becco smisurato, alghe i cui nastri sono improvvisamente dilatati da enormi vesciche quasi rettangolari o da profili di bombe vulcaniche che terminano in torsioni e dove ansimano un respiro di eruzione. »


«Septaria», Pietre , Roger Caillois, 1966.



Rossella Faraone ha elaborato la sua arte al di là di ogni figurazione. Non ha optato per le costruzioni rigorose e fredde del neoplasticismo o degli artisti della Hard Edge americana. Al contrario i suoi quadri sono di natura esuberante e potrebbero far pensare al “barocco”, anche se questo termine ricopre forme diverse e contraddittorie. Diciamo piuttosto che sono di essenza barocca, ricordandoci che questo termine, in origine, serviva a designare una perla dai contorni irregolari. Difficile da avvicinare ad una qualsiasi corrente artistica. Se fosse più vicina ai pittori dell'Espressionismo astratto, avrebbe nella sua pratica un atteggiamento che l'avvicinerebbe all o spazialismo , non ciò che Lucio Fontana e i suoi amici hanno fatto nel dopo guerra, ma nell'ottica della loro ricerca. C'è una relazione con la materia che l'avvicina a Jean Dubuffet e ad Alberto Burri. Ma in fin dei conti, tutte queste analogie non servono se non a rendere un'idea abbastanza vaga dell'originalità del suo lavoro poiché è impossibile avvicinarla a chicchessia appartenente al passato recente o alla nostra epoca. Rossella Faraone ha inventato un suo metodo e una sua estetica.


Se si osserva un grande dittico come Iesus : il suo registro cromatico si limita al nero, al bianco e all'oro. Dal centro della composizione irradia dei cerchi concentrici. Delle spirali, che sembrano provenire dall'immensità vertiginosa di una galassia lontana, si trovano da una parte e dall'altra di un cerchio centrale. Tutte queste forme danno la sensazione di essere in espansione per poi chiudersi, in prossimità dei bordi del quadro, con riccioli dai colori cangianti . Lo sfondo è nero e rinforza l'idea che ci si fa dell'universo che ci avvolge, di quegli spazi infiniti che intimorivano Pascal. Per realizzare quest'opera, ha utilizzato delle perle, dell' ossidiana , dell'agata nera e dell'onice. L’uso di queste pietre e delle perle non è casuale, esso è legato alla colorazione naturale, ma è anche associato al loro significato intrinseco. L’ ossidiana , l’onice e l’agata sono qui tre pietre nere. L’ ossidiana , che deve il suo nome all'uomo, che, secondo Plinio il vecchio, l'ha scoperta in Etiopia, Obsidius , è un vetro vulcanico, l'onice che, nella Bibbia (Genesi) è distinta dalle agate (che possono avere numerosi colori, molto diversi tra cui il bianco) a cui si avvicina poiché esse sono composte da strati superiori. Infine l'agata, che è quasi silicio puro, prende il suo nome, all'epoca dei greci antichi, da una riviera in Sicilia. Alcune tra esse sono associate al lutto altre agli incubi. Così quest'opera può essere interpretata come luce celeste che illumina la cupa profondità dell'universo resa da pietre oscure. Rossella Faraone ha realizzato una composizione quasi identica, più semplice, senza spirali che volteggino, senza la perla centrale, in Bene e male (2006-2007) che presenta uno sfondo nero e un disegno quasi identico. Questa sembra lo studio preparatorio di Iesus , che nulla lascia prevedere del suo carattere circolare e vorticoso. Il dittico che ha lo stesso titolo, ci offre un disegno meno pronunciato: una vasta distesa di bianco, un po' grigio con dei rilievi bianchi traslucidi che si chiudono con contorni arrotondati come se dovessero contenere la spinta di un'altra superficie, nera, maculata di polvere d'oro. L'idea del nero è ricorrente nella sua opera: è già in Meteore (2006) dove, tra grandi rilievi d'oro, alcune formano fioriture luminose. Ritorna in Buchi neri (2007), da dove sgorgano segni e macchie dorate, che come stelle fantastiche e meteore strappano le tenebre o, nel quadro, composto due anni più tardi e dallo stesso titolo, archi di cerchi che formano un vortice blu partendo da un centro in rilievo per dispiegarsi su uno sfondo giallo. Il buco nero acquista apparenze e accezioni diverse.


È certo che il macrocosmo è il soggetto di predilezione dell'artista al quale attribuisce un valore trascendentale, se non mistico. Ma i cieli non hanno sempre l'aspetto così potentemente tragico che si sente davanti a Iesus o Buchi neri. Visioni dal pianeta Cactus (2008) dà la sensazione di ritrovarsi davanti ad una sfera con zone violette e bianche e macchie giallo oro su sfondo blu scuro. Quest'astro immaginario è sia ludico sia fantasmagorico. Quanto a Stella nascente (2009), la sua superficie è più rugosa, coperta di asperità multicolori: dal centro sembrano fuoriuscire rocce che la ricoprono quasi completamente, ricoprendo l'epidermide blu. Infine, Pianeta del dragone dormiente (2007-2008) fa apparire un ippocampo in malachite, sottolineato da polvere d'oro. Ma questo tondo può anche ricordare un paesaggio del nostro pianeta visto dal cielo, che si apre su un continente sconosciuto, e di mari di un blu più profondo di quello che noi conosciamo.



II. Doppi sensi



« Io parlo di pietre: algebra, vertigini e ordine; pietre, inni e quinconce, pietre, freccette e corolle, sul bordo di un sogno, fermento e immagine… »


Roger Caillois , Pietre



Nulla è scontato nei quadri di Rossella Faraone. I titoli che lei dà sono una sorta di guida per entrare nel gioco assai complesso di significati che lei intende attribuirgli. Esaminiamo, per esempio, un'opera diciamo di piccole dimensioni, battezzata Metamorfosi (2009): in primo piano una spiaggia bianca irta di boccali trasparenti; nello sfondo, un piano rosso dalle intensità diverse; infine, un disco che fa pensare al sol levante, ma reso con un oro spento e con numerose irregolarità. C'è in questo caso un paradosso evidente tra il titolo, la scelta delle armonie cromatiche e la natura ambigua del disco solare (è lì, l'immagine che s'impone). In realtà, sensazioni opposte e strane nascono da Metamorfosi , che ci rinvia in un mondo di sensazioni e di sogni visivi e tattili irreali. Il tema cosmologico è ancora presente, ma si sdoppia in interpretazioni di gestazioni tra le più segrete dell’inconscio. In Reminiscenze dell'anima (2009), si produce un fenomeno simile. Ci vediamo la superficie tormentata e rocciosa di una terra ostile sotto un bel cielo blu oltremare mentre un altro corpo celeste dorato la sovrasta, perdendo, pietra dopo pietra, i suoi agglomerati. Una creazione dello stesso anno, intitolata Crepuscolo della vita, presenta un dispositivo molto somigliante: un primo piano con rocce dalle asperità bianche e rosa, un cielo rosso e quasi nero e due astri giallo dorati rocciosi. Queste due opere hanno in comune la contemplazione di un cielo incerto, di un territorio che non ha niente di terrestre. Sono stati onirici che sono raffigurati in un caso come nell'altro. Queste fantasticherie spaziali si sono affermate nella maggior parte dei suoi quadri: se si considera per esempio Itinerari su Marte (2008) si possono vedere degli isolotti bordati d'oro legati l'un l'altro, su uno sfondo blu. Questo superbo tondo, dalla sua stessa forma lascia sussistere il dubbio, come in Genesi di stelle (2009), dove solo il titolo ci porge il filo di Arianna. Si tratta delle visioni celesti o, al contrario, dei continenti sconosciuti visti dall'alto, governati in ogni caso dai soli impulsi estetici della creatrice? Maremoto (2009) prova che la dinamica del gesto prevale sul soggetto, che ha a che fare più con le emozioni che con la sua produzione plastica.


Inoltre, come lo dimostrano Le mie isole (2009), l’artista ha sentito il desiderio di tracciare le mappe del suo mondo interiore. Poiché il cosmo, che ha descritto a modo suo, assomiglia alla geografia che ha inventato per descrivere le sue emozioni più segrete.


Passione (2007) arriva tempestivo e ci fa rivedere, in parte, l'opinione che ci siamo fatti, forse un po' troppo presto, sulla sua produzione artistica. É certo che le relazioni strette, profonde, con il mondo stellare, e che il mondo terrestre le hanno fornito l'essenziale del materiale iconografico che va sviluppandosi da un quadro all'altro. É altrettanto certo che i titoli che lei ha scelto hanno accentuato quest'inclinazione generale. Ma non sarà un richiamo per dissimulare o perlomeno relativizzare delle sensazioni, dei sentimenti, delle compulsioni che sono l'espressione più incisiva di ciò che lei non può esprimere se non attraverso la prospettiva artistica che traspone e nobilita tutto? Meditazione (2008) potrebbe essere presentato come un gruppo di stelle dorate chiuse in un cerchio decorativo dello stesso color oro. Che lei abbia provato la necessità di dare dei titoli di altra natura e sempre legati alla vita spirituale non è dato da un capriccio o da un azzardo improbabile. Rossella Faraone ha desiderato insistere sul fatto che le cosmogonie e le sue mappe erano prima di tutto delle piantine dei suoi pensieri in fuga e dei potenti fantasmi che agiscono con riluttanza. Nelle circonvallazioni del suo inconscio ne risulta un'arte di una sensualità esasperata, esuberante, che svela angoli e forze oscure nel bagliore di tutte quelle pietre delicate o semi preziose e di quegli ori. Uno slancio rivisto da una coscienza acuta del divino e dell'esperienza del sublime, dato dal percorso mistico, desertico e meraviglioso, che supera il singolo per raggiungere l'universale.


Se ci si sofferma davanti ad una delle opere di Rossella Faraone e ci si interroga senza pregiudizi sulla loro realtà, costatiamo che non ci si lascia andare ad un'interpretazione unica. Le sue opere possiedono dei significati multipli, che si completano, in cui a volte, s'infiltrano contrasti insoliti. Ognuna di queste interpretazioni attribuisce più forza, peso e densità. L'originalità delle sue composizioni riposa su una contraddizione tra il valore dei materiali che lei utilizza, la loro natura decorativa e la loro natura “esplosiva” opposta alla precedente. E possiamo scommettere che il suo lavoro prenderà, in un prossimo futuro, un aspetto ancor più sofisticato: ne è la prova una piccola opera, lontana nello spirito e nel titolo ( Hansel e Gretel , 2006-2007), costruita in modo atipico e confronta uno spazio rosa e uno blu chiaro. La celebre storia dei fratelli Grimm, quella che appartiene alla loro prima raccolta di leggende popolari Le fiabe del focolare (1812), dove il fratello e la sorella vengono abbandonati dai loro genitori perché questi non possono nutrirli: incontrano una strega antropofaga in una casa di pane, da cui riescono a scappare. Potrebbe essere stata per lei un'altra direzione verso la quale andare.


Dipingere con delle pietre, come in altri tempi si dipingeva con l'oro, per realizzare le superbe pale che hanno ornato gli altari dell'Europa del Rinascimento e dell'età barocca, dipingere delle pietre grezze o lavorate e con dell'oro è ciò che fa l'originalità di Rossella Faraone. Sembra sentir riecheggiare il poema del vescovo Marbode (verso il 1035, vescovo di Rennes tra il 1096 e il 1123), Sulle dodici pietre preziose che servono alle fondamenta della città celeste , che è un commento dell'Apocalisse di Giovanni:



"Cittadini della patria celeste


cantate il re dei re;


egli è il creatore supremo


della città celeste


i cui edifici


hanno qui le fondamenta.


"Il diaspro, per il suo colore verde,


porta la freschezza della fede


il quale, perfetto con tutti gli uomini,


non perde mai la sua forza;


e grazie alla sua protezione


essi hanno resistito al diavolo.


"Lo zaffiro in apparenza,


è simile al trono celeste;


rappresenta il cuore dei semplici,


che attendono con ferma speranza,


e la cui vita e condotta



incantano l'Altissimo. [...] "



Manipolando con destrezza e scienza impressionante pietre costose, così come i pigmenti colorati, lei esplora un territorio ancora da scoprire, dove il tatto è importante quanto la vista – universo incantato dell'arte, arricchito dalla sua solerzia, nel bagliore di un'astrazione presa dalle forze occulte del suo desiderio.



Parigi, luglio-agosto 2010