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Adolescenti e binge drinking: più alto il rischio di depressione

A cura della Dott.ssa Olga Ines Luppino, Psicologa,
co-coordinatrice della macrosezione "Salute" per l'Associazione "Zero39 - All professional services in one network".


Il fenomeno “moda” del binge drinking, sempre più diffuso nei paesi anglosassoni, sta lentamente interessando sempre più giovani anche nel nostro paese.
Da un monitoraggio dell’Istat per l’anno 2009 risulta che il 15,8 % di persone (25% uomini e 7,3% donne) con un’età superiore agli 11 anni ha avuto, in merito al consumo di alcool, almeno un comportamento a rischio (consumo elevato giornaliero o binge drinking).
Con l’espressione “binge drinking” si indica il bere compulsivamente ed in un’unica occasione ingenti quantità di alcool, fino ad arrivare all’ubriacatura ed alla perdita di ogni freno inibitore; l’alcool non viene sorseggiato ma bevuto tutto d’un fiato, in maniera estremamente rapida, simile per modalità all’abbuffata di cibo caratteristica della bulimia.
La quantità di alcool ingerito durante un episodio di binge drinking è di almeno 4 porzioni in una donna e 5 in un uomo, consumate naturalmente tutte in una sola occasione; episodi di binge drinking estremo possono comportare il consumo di un numero di bevande superiore a 10. La fascia della popolazione maggiormente compita dal fenomeno in questione è quella dell’adolescenza: il problema esordirebbe infatti intorno ai 12-13 anni, per arrivare a toccare le punte più alte dai 18 ai 21 anni circa, ed abbassarsi poi progressivamente.
Diversi i fattori caratterizzanti il binge drinking ed in grado di costituire un serio pericolo per la salute dei giovani: evidente la pericolosità connessa all’ingente quantità di alcool assunto, in grado di comportare a lungo termine compromissioni importanti della funzionalità renale, epatica e cardiaca; da non trascurare poi la modalità di ingestione degli alcolici che, essendo estremamente rapida, amplifica, secondo diversi studi recenti, gli effetti negativi dell’alcool sull’organismo.
Al di là dei deleteri esiti in termini di salute fisica, i giovani schiavi del binge drinking possono in breve tempo manifestare esiti preoccupanti dal punto di vista psicologico, considerato che l’alcool altera pesantemente le principali funzioni cognitive provocando difficoltà di concentrazione, lacune mnestiche, problemi nella memorizzazione, sbandamenti attentivi. Assimilabile alle forme classiche di dipendenza, il binge drinking compromette la quotidianità del giovane, le sue relazioni familiari e sociali oltre che le sue performances scolastiche e lavorative.
Un recente studio condotto dai ricercatori della Loyola University Health System, i cui risultati sono stati descritti alla riunione annuale della Society for Neuroscience di San Diego il 15 Novembre scorso, ha esaminato nei ratti gli effetti a lungo termine dell’esposizione all’ alcool sulla produzione di corticosterone, un ormone dello stress.
Alle cavie adolescenti è stata iniettata, per diversi giorni, un’elevata quantità di alcool, corrispondente per gli esseri umani, in termini di concentrazione nel sangue, a livelli di circa due volte superiori ai limiti legali per la guida; più in dettaglio i ratti sono stati esposti per 8 giorni ad una sequenza di binge drinking, che prevedeva tre giorni di abbuffate di alcool, due giorni di pausa ed infine altri tre giorni di abbuffate. Un gruppo di ratti di controllo ha ricevuto solamente iniezioni di soluzione salina.
Ad un mese di distanza, quando oramai le cavie erano diventate quasi adulte, le si è esposte ad una tra tre diverse condizioni: iniezioni di soluzione salina, una sola iniezione di alcool, ulteriore esposizione ad elevate quantità di alcool. I ricercatori hanno evidenziato che, come c’era da attendersi, essendo l’alcool una forma di stress, le cavie esposte alle iniezioni alcoliche sia una tantum che in maniera continuativa, presentavano un aumento nella produzione di corticosteroidi. Molto più interessante è risultato però notare che gli esemplari che avevano ricevuto l’alcool in giovanissima età, mostrassero un picco significativamente elevato, rispetto alla produzione di corticosterone, dopo l’iniezione di alcool in età adulta. Inoltre, sempre in questo gruppo, il livello base del corticosterone risultava inferiore rispetto a quello dei ratti che da piccoli non avevano avuto iniezioni di alcool. Quanto concluso farebbe ipotizzare una disregolazione del sistema di risposta ormonale allo stress causata dal binge drinking.
Fisiologicamente sia nei ratti che negli esseri umani, la produzione di ormoni dello stress , aumenta in condizioni di stress psico-fisico, ad esempio dopo un esercizio fisico prolungato o in condizioni di lotta o di necessità di fuga; tale aumento in queste specifiche condizioni ha un ruolo del tutto adattativo, poiché comporta l’inibizione delle funzioni non immediatamente necessarie (ad es. la digestione) e garantisce di converso il sostegno alle funzioni vitali (aumento della gittata cardiaca ad es.), determinando un incremento dell’energia ed una minore sensibilità al dolore.
Sebbene gli effetti degli ormoni dello stress, siano adattivi per l’organismo a breve termine, una cronica esposizione a livelli elevati può risultare nociva ed indurre una neurodegenerazione a livello encefalico, responsabile di alterazioni del tono dell’umore in senso depressivo.
A partire da tali premesse, nonostante la trasposizione dei risultati dalle cavie all’uomo vada sempre presa con cautela, i risultati dello studio della Loyola University potrebbero far ipotizzare una correlazione positiva significativa tra il consumo disregolato di alcool durante l’adolescenza e lo sviluppo di episodi depressivi in età adulta.

Dott.ssa Olga Ines Luppino