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Il livello di incompetenza e il ruolo del caso.

Laurence J. Peter è uno psicologo canadese, conosciuto principalmente per aver formulato il Principio di Peter o di incompetenza .


In un'azienda dotata di una struttura organizzativa gerarchica, vengono promossi gli impiegati in base alla valutazione delle capacità dimostrate nello svolgere il lavoro attuale. Finché un impiegato si dimostra in grado di assolvere il suo compito, questi verrà promosso al livello immediatamente superiore, nel quale dovrà assolvere un compito differente. Alla fine del processo, tale impiegato avrà raggiunto il proprio livello di incompetenza , ovvero la condizione in cui non è in grado di svolgere il compito assegnato e di conseguenza non ha più alcuna possibilità di essere promosso. In questa maniera, con il tempo ogni posizione lavorativa in cima alla piramide organizzativa, tende ad essere occupata da un impiegato incompetente per i compiti che deve svolgere L'incompetenza non dipende dal fatto che la posizione gerarchica elevata è legata a compiti più difficili di quelli che l'impiegato è in grado di svolgere, ma più semplicemente perché i compiti sono di natura diversa da quelli svolti in precedenza e richiedono, di conseguenza, esperienze lavorative e competenze che l'impiegato solitamente non possiede.


Una teoria alternativa a quella di Peter viene presentata dall’economista Edward Lazear, il quale suggerisce che la performance di un lavoratore sia il risultato di due componenti, una fissa e l’altra variabile: la competenza e il caso. In seguito ad una promozione la componente fissa, la competenza, rimane costante, mentre non c’e’ alcuna garanzia del fatto che la componente transitoria e casuale risulti favorevole. Ma se veramente Peter avesse ragione e l’abilità di rendere in seguito ad una promozione sia indipendente dalla performance precedente? E se a questa aggiungessimo il fatto che come proposto da Lazear, la componente casuale abbia un peso rilevante sulla performance di un lavoratore, allora promuovere i migliori potrebbe non essere la strategia migliore, perché si tolgono persone da ruoli che interpretano al meglio, affidando loro mansioni che non sono in grado di affrontare, senza contare che potrebbero non essere più fortunati come in precedenza. Normalmente le aziende supportano i propri dipendenti attraverso la formazione, permettendo loro di acquisire competenze nuove ed adatte alla nuova posizione. Ma potrebbe esistere un’altra soluzione, fortemente contro intuitiva: quella di scegliere le persone da promuovere in modo casuale. In conclusione, forse non esistono soluzioni appropriate. Dovremo semplicemente abituarci ad avere capi che non sanno fare il loro lavoro e a gestire le proprie risorse.