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La ripresa senza occupazione

Secondo le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale, nel 2010 la crescita mondiale tornerà a sfiorare il 4%, guidata dall’Asia e in particolare da Cina e India. Gli Stati Uniti cresceranno del 2,7%, mentre l’Europa tra lo 0,8 della Spagna e l’1,4 della Germania (l’Italia all’1%). Ma il dato fondamentale è che la disoccupazione sia negli Stati Uniti sia in Europa dovrebbe continuare ad aumentare: si tratta della cosiddetta “ jobless recovery ”, la ripresa senza occupazione. La jobless recovery comporta un’immensa distruzione di capitale umano. Per i ventenni un’attesa così prolungata crea un vuoto incolmabile di esperienza nei primi anni di contatto con la realtà, quelli che dovrebbero essere i più formativi all’uscita dalla scuola e dall’università. Genera insicurezza e perdita di autostima”. Inoltre una ripresa senza occupazione comporta una diminuzione nei salari, un conseguente rallentamento dei consumi, e quindi una crescita discontinua e irregolare, se non una nuova recessione. E’ per questo che i dati sul mercato del lavoro dovrebbero diventare i più seguiti, i più analizzati, ben più importanti di quell’astrazione che è il Prodotto Interno Lordo. Una ripresa del PIL senza occupazione è ingannevole e precaria. La legge di Okun (un economista di Yale) prevede un aumento della disoccupazione dell’1%, ogni 2% di diminuzione del PIL. Questa regola è risultata corretta durante tutte le recessioni fino alla fine degli anni ’80. La recessione del 1991 è stata la prima a contraddire la legge di Okun: la disoccupazione è aumentata a un ritmo maggiore rispetto alla caduta del PIL e la piena ripresa dell’occupazione è arrivata solo tre anni dopo la fine della contrazione economica. Il dato è stato è stato confermato durante la crisi “dot-com” del 2001. Vista l’entità della crisi attuale, la domanda non è più se ci troviamo di fronte ad una “jobless recovery”, ma l’entità dell’impatto sull’occupazione alla fine della recessione. Alcuni economisti prevedono addirittura che non si tornerà più ai livelli occupazionali pre-crisi, indicando cambiamenti non più ciclici ma strutturali nel mercato del lavoro, dovuti all’avvento d’innovazioni tecnologiche, aumento della produttività, attività di outsourcing, incremento della flessibilità, facilità di comunicazione. In pratica la correlazione fra livello occupazionale e ciclo economico risulta sempre meno consistente. Esistono numerosi rimedi tra i quali il sostegno statale e la riqualificazione dei disoccupati verso settori quali le energie alternative, editoriale, della cultura, del turismo, della ricerca, della tecnologia, del design, del no profit, dell’educazione …. E l’accesso a fondi e supporti per l’imprenditoria, Esistono anche modelli economici differenti, che seguono le cosiddette teorie eterodosse, quali l’economia nella quale prodotti e servizi vengono forniti senza alcuna ricompensa; l’economia nella quale lo stato fornisce a tutti i cittadini, una somma di denaro sufficiente a coprire i bisogni basici; l’economia che si basa esclusivamente sulle risorse naturali; l’economia basata su villaggi ecosostenibili e autosufficienti.