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Laureati: pochi e “sotto inquadrati”

La riforma che ha introdotto il "3+2", ha portato alla riduzione dell'età alla laurea dai 28 anni dei laureati preriforma ai 24,2 dei laureati di primo livello e ai 27,1 di quelli di secondo livello.


Questo dato è però in parte vanificato dal fatto che il titolo di studio triennale non è riconosciuto come soddisfacente ai fini dell'accesso al mercato del lavoro: l'83% di chi ha conseguito la laurea triennale vuole anche quella specialistica, indebolendo uno degli effetti più importanti della riforma.


Le indagini Eurostat confermano che la percentuale di laureati italiani è ancora bassa rispetto a quella degli altri paesi europei (metà rispetto a paesi come Francia, Spagna e Regno Unito).


Inoltre, nonostante la riforma, il laureato italiano spende più del doppio del tempo rispetto ad un coetaneo inglese per conseguire un titolo equivalente in termini di opportunità professionali.


A questo dato occorre aggiungere la scarsa spendibilità nel mercato del lavoro del tipo di preparazione acquisita durante il percorso di studi: sono molte centinaia di migliaia gli italiani "sottoinquadrati" al lavoro (in maggior parte donne), ovvero lavoratori che svolgono una professione dove non viene richiesto il titolo di studio post-secondario.


Le nostre aziende continuano a lamentare un gap tra domanda ed offerta di laureati, in particolare ad indirizzo tecnico-scientifico, ma allo stesso tempo non riescono ad assicurare ai giovani opportunità, mansioni e condizioni economiche adeguate alla loro preparazione.