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Il pedofilo cibernetico

(OSTIA LIDO, 23 Novembre 2011)


Antonella e Riccardo hanno due figlie, Lorenza di dieci anni e Alessandra di poco più di otto.


E’ una famiglia che si è formata con semplicità e naturalezza. I genitori, entrambi al lavoro, turnisti in due attività commerciali differenti, hanno cercato di crescere le bambine alternandosi il più possibile nella presenza. Antonella, pur essendo quella con turni abbastanza scomodi, ha sempre tenuto sottocontrollo la gestione della famiglia e le questioni varie legate a Lorenza ed Alessandra, tutto ciò con un grosso sostegno da parte di Riccardo, un uomo che sin da giovane desiderava avere una moglie e dei figli, con un senso di sé un po’ limitato, quasi nessun amico, poco propenso ad aprirsi se non con Antonella. Quest’ultima, invece, è una donna con una buona consapevolezza delle proprie capacità ma fondamentalmente insoddisfatta perché da ragazza sognava di studiare, di diventare importante, di fare carriera. Lei è l’unica dentro casa ad avere una cultura, “ho studiato al Liceo classico però non mi sono diplomata”. Antonella conosce bene le proprie figlie, anche dal punto di vista emotivo. Sa “narrare” di loro ma non riesce proprio ad entrare in contatto con Lorenza che, sempre più, la sta mettendo in difficoltà con i suoi comportamenti troppo adulti.


Vengono in terapia perché di recente hanno scoperto che Lorenza da mesi è entrata in contatto in chat con un uomo, un certo “Elisir” . Sono andati così a rivedere tutti i messaggi in chat che la bambina ha scambiato con “Elisir” sino a trovare tra gli ultimi proprio una richiesta di questi di vedere “le mutandine” di Lorenza. Messaggi pieni di lusinghe, di apprezzamenti, di richieste di foto. Da qualche giorno Riccardo si era accorto del continuo nervosismo della figlia, di un modo strano di rispondere, del suo atteggiamento distratto, della maggiore attenzione all’abbigliamento e alla richiesta di decidere da sola cosa indossare. Antonella e Riccardo hanno inizialmente attribuito queste “stranezze” della bambina ad un suo bisogno di autonomizzarsi, soprattutto dall’eccessivo controllo e anche disappunto che la madre sempre più spesso esprimeva nei confronti del suo modo di essere.


Lorenza probabilmente, pur essendo lusingata da tanta attenzione ed essendo solo una bambina, era invece entrata in una condizione di ansia e di ambivalenza tra le lusinghe e la paura di quello che i genitori avrebbero potuto dirle o proibirle. Inconsapevolmente ha iniziato così a mandare messaggi sempre più forti ai genitori, messaggi di contenimento, di presa in carico della intera situazione. E così Riccardo ha alzato la guardia scoprendo che dall’altra parte di quel pc c’è qualcuno che con la propria figlia è andato oltre, trasportandola in un mondo troppo adulto e perverso.


Le riflessioni sono tante. E’ sicuramente la storia di una realtà, quella attuale, dove tutto è molto veloce, dove i rapporti si vivono a distanza, dove la propria identità può essere celata facendoci vivere di fantasie, illusioni, di bluff continui. E’ chiaro che non si vuole con questo mistificare sulla grande funzionalità dell’utilizzo del Personal Computer e della rete internet. Tutto ha avuto una evoluzione. I nostri giovani non hanno più necessità di aprire un grande tomo della eminente enciclopedia universale, il loro modo di studiare è notevolmente più veloce e positivamente interattivo. Per ascoltare la musica tutti quanti noi non dobbiamo fare molta strada e dover attendere di avere qualche denaro tra le mani per acquistare il vinile del cantante preferito. I pro e i contro sono tanti.


Con l’esempio di Marisa si vuole però far emergere quanto il ricorso ad internet ed alla possibilità di comunicare da un capo all’altro del mondo sia stato ben accolto da persone che, come i pedofili o le organizzazioni criminali, utilizzano la rete per rispondere a proprie esigenze o, come per le seconde, per soddisfare la parte parafiliaca di molti cybernauti.


Dunque, l’ “adescatore” attraverso la rete ha una serie di facilitazioni. L’avere e lo scambiare foto senza dover esplicitare la propria identità. La possibilità di mettere in piedi rapporti anche molto intimi tra persone di età, cultura ed esperienza diverse che altrimenti, in un rapporto per così dire “faccia a faccia” ( ad esempio in parchi, nei pressi delle scuole o centri ricreativi), sarebbero anche moralmente ostate e più facilmente sanzionate. Ma gli “internauti” possono usufruire anche delle attività che organizzazioni criminali forniscono attraverso materiale pedopornografico o veri dépliant in cui possono scegliere minori per incontri reali, usufruire di video, organizzare un vero turismo sessuale.


Vari studi del “modus operandi” del pedofilo hanno messo in evidenza una serie di tendenze comuni. Ad esempio l’atteggiamento di dominanza e una forte direttività verso il minore che segue il suo “maestro” consapevole che, altrimenti, lo penalizzerebbe con l’interruzione del contatto. C’è anche il piacere di sentirsi competente quando stupisce il minore, che per ovvi motivi non può aver fatto le sue stesse esperienze, raccontando di cose fatte e vissute sessualmente e di ciò che insieme potrebbero fare. E’ evidente che si tratta per il cosiddetto cyberchildmolester comunque di un bisogno di rivendicare sentimenti di inferiorità e senso di inadeguatezza che vive nella propria realtà. Può anche essere una persona che ha da parte degli altri un rapporto di diffidenza e di poca credibilità ma che, con il bambino o pre adolescente, sente di avere la massima approvazione e l’assoluta non sospettosità. E’ chiaro che il minore “scivola” in questo mondo di lusinghe e di seduzioni affettive. Sentirsi più grandi della propria età, durante l’adolescenza e anche un po’ più oltre, è sempre stato per molti motivo di interesse forte e costante. Adesso i nostri ragazzi possono farlo in maniera molto immediata e con grandi risultati senza dover vivere la frustrazione da parte degli adulti, esperienza di molti ex adolescenti, che li riportano alla loro semplice realtà di poco più che bambini.


E’ evidente che è necessario fare una riflessione su quanto sia opportuno da parte degli adulti, genitori in particolar modo, aiutare i giovani ad apprezzare le tappe del vivere e far sentire loro la propria presenza e la reale possibilità di potersi fidare reciprocamente.


In Lorenza c’era molta confusione nel riconoscimento dei confini tra chi si deve prendere cura di chi. E questa confusione spesso c’è anche nei genitori, o in generale negli adulti, che pur di avere tutto incasellato e ordinato per spazi e tempi stretti e contenuti, dimenticano di poter e saper essere delle vere persone di riferimento per i propri ragazzi. I nostri figli sono solo più competenti e veloci nell’utilizzo delle nuove strumentazioni. Possono dunque sembrare più “grandi” e “svegli” rispetto alle generazioni degli adulti di oggi, in realtà hanno gli stessi bisogni emotivi e affettivi che tutti quanti noi abbiamo vissuto e che i nostri padri (e madri) della psicologia dell’età evolutiva hanno individuato un bel po’ di decenni fa.



a cura dello STUDIO ASSOCIATO DI PSICOLOGIA