Pensando e riflettendo sull’individuo che crea una coppia
Nel mondo moderno l’individuo costruisce la propria identità in prima persona, non più come avveniva qualche decennio fa, secondo criteri esterni voluti dalla famiglia o dalla cultura di appartenenza. Per ognuno di noi un obiettivo oggi considerato importante e perseguito anche a costo di rotture, allontanamenti e distacchi, è proprio lo sviluppo personale. In tal senso, il rapporto di coppia riserva vantaggi e nello stesso tempo anche pericoli all’autorealizzazione. Da un lato, infatti, nell’unirsi ad un partner si può sperare nella crescita di sé. Dall’altro, la tendenza all’autorealizzazione, per l'appunto, può indurre a comportamenti anche sessuali e sentimentali mobili, “aperti”, molto rischiosi per il destino della vita di coppia.
L’aumento della instabilità coniugale degli ultimi decenni riflette tre grandi tendenze: l’emancipazione dei singoli da fattori esterni (parenti, Chiesa, Stato) nelle proprie scelte di vita di coppia; il mutamento dei ruoli maschili e femminili; la riduzione di importanza della funzione dei figli nei rapporti di coppia e nella società.
Nel campo dei rapporti affettivi, difatti, negli anni della “modernità” si sono create nuove opportunità e problemi per ognuno di noi nel dover delineare la propria identità e dare un significato al proprio percorso di vita che, come nei contesti più tradizionali, non è più predefinito da altri (o da “credo” esterni a sé). Questo crea possibili ansie, dubbi di fronte alle innumerevoli possibilità di scelta. In questi momenti può essere molto positiva la presenza di una persona che, amandoci e credendo in quello che siamo, ci aiuti a comprendere meglio noi stessi e a osare quello che da soli forse avremmo paura di affrontare. Per questo motivo l’innamoramento è una delle esperienze più desiderate ma anche più temute perché, se l’amore finisce, sentiamo il rischio che il nostro percorso emotivo e di identità venga bloccato. Il rapporto di coppia può essere molto stimolante e ricco quando i partner concordano sui loro progetti di vita, ma ad alto rischio di fallimento se viene percepito come limitante della crescita personale.
Da più parti si continua a pensare che l’impegno lavorativo delle donne abbia provocato frizioni nella coppia in quanto ha fatto saltare gli schemi tradizionali (moglie che si occupa dei figli, del marito e della casa sostenendo il ruolo affettivo; marito che provvede al mantenimento economico della famiglia). Sicuramente ancora oggi si possono creare grosse tensioni nella coppia quando i ruoli tradizionali dell’uomo e della donna si invertono (ad esempio, lui disoccupato e lei che mantiene economicamente il ménage familiare; oppure lei che guadagna più di lui). Senza sottovalutare questi aspetti da più parte studiati e valutati, a nostro parere, però, la soddisfazione coniugale non dipende tanto dal tipo di struttura familiare. Uomo e donna stanno bene insieme se la struttura di coppia che hanno adottato riflette quella che entrambi desiderano e quella che, come in più occasioni abbiamo scritto, sono capaci di portare avanti anche in base all’incontro tra le personali radici trigenerazionali, e non più solo culturali, di ognuno. I problemi più gravi sorgono quando uno dei due cambia e l’altro vede il suo mutamento come pericoloso per gli equilibri della coppia o per la propria identità personale.
La storia di Lucio e Marina ci aiuta ad esemplificare quanto affermato. In estrema sintesi: Lucio, di 5 anni più giovane di Marina, per anni agli occhi della moglie è stato l’uomo con cui ha condiviso (e si aspettava di condividere ancora) difficoltà, soddisfazioni e decisioni. Lei propositiva, lui esecutivo. Lui all’insegna della semplicità nel fare e nell’essere, lei attiva, partecipe, trainante. Dopo tanto tempo di vita insieme, attorno ai 50 di lui, Marina all’improvviso si accorge che Lucio ha voglia di dare maggior spazio alla cura del proprio corpo, ha voglia di viaggiare, di conoscere e di non accontentarsi del lavoro che da tanto fa senza grande soddisfazione. Aspetti che Marina aveva sempre fatto notare al marito sollecitandolo a venire fuori dal suo modo di affrontare le questioni con apatia e superficialità. Questo “cambiamento” del marito la mette in allerta, inizia per la prima volta dopo tanti anni a temere, lo incalza con domande, dubbi. Mette in discussione il loro rapporto. Non riesce a vivere il miglioramento del marito come passaggio positivo da riutilizzare nella coppia per continuare un percorso insieme con presupposti differenti da quelli che 20 anni prima li avevano uniti. Dunque, cambia anche lei ma nel sospetto. La coppia crolla.
Il lavoro terapeutico in queste coppie deve avere l’obiettivo cardine di far comprendere che l’equilibrio pregresso può essere incrementato con novità, trasformazioni e anche modifiche al modo di stare insieme e alla motivazione intrinseca alla coppia. Il cambiamento, dunque, non come pericolo ma come risorsa per la continuità.