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RIFORMA PSICHIATRICA E LEGGE 180: 30 ANNI DOPO
RIFORMA PSICHIATRICA E LEGGE 180: 30 ANNI DOPOS I M P S I
SOCIETA' ITALIANA MEDICI
PSICOPATOLOGI E PSICOTERAPEUTI
SEDE NAZIONALE
16121 Genova - Via A.M. Maragliano,
8/5 - Tel/Fax 010/580903
Internet: www.istpsico.it
e-mail: giacomin@libero.it
LETTERA APERTA
A tutti i Presidenti degli Ordini dei Medici
A tutti i Colleghi
RIFORMA PSICHIATRICA E LEGGE 180: 30 ANNI DOPO
La formazione psicopatologica del Medico
In occasione del 30° anniversario della legge 180 per la riforma dei
servizi psichiatrici, assistiamo al ritorno di vecchi equivoci e di mai
sopiti luoghi comuni, che certamente non giovano al chiarimento dei gravi
problemi di cui soffre, da sempre, la psichiatria nel nostro paese sia come
disciplina scientifica, sia come professione medica, sia come servizio di
assistenza per la salute del cittadino.
Uno dei più gravi equivoci, che ritroviamo perennemente nei dibattiti sulla
legge 180, è quello di ritenere che la validità e le modalità dell'
assistenza psichiatrica possano ( o debbano ) dipendere integralmente dalla
validità delle norme legislative vigenti, indipendentemente dal livello di
formazione dei professionisti psichiatri, ai quali spetta il compito di
gestire i servizi di assistenza per quanto concerne la diagnosi e la
terapia, e per i quali si dà per scontato che tale formazione, così come è
stata impartita dalle patrie accademie, sia quanto di meglio si possa
desiderare.
Di conseguenza, sia da parte dei colleghi responsabili della gestione
clinica dei servizi, sia da parte dei colleghi universitari cui spetta il
compito didattico di formare professionalmente i primi, si assiste, ormai da
tempo immemorabile, ad uno scarico di qualsiasi responsabilità in merito
alle condizioni dei servizi di assistenza, il cui degrado viene addebitato,
a seconda dei casi, o alle disposizioni di una legislazione aberrante ( vedi
legge 1904 / 36 ), o alla colpevole, mancata applicazione di provvedimenti
legislativi virtuosi ( vedi legge 180 ) da parte della pubblica
amministrazione.
In tal modo, da un lato, si è coperta di vituperi la vecchia legge, secondo
la quale le persone affette da alienazione mentale , quando siano
pericolose a sé o agli altri debbono essere custodite e curate in
apposite strutture ospedaliere, mentre, dall'altro lato, si sono sprecati
gli elogi per la nuova legge 180, cui viene attribuito il potere
miracolistico di risolvere tutti i problemi dell'assistenza psichiatrica,
come se le norme legislative dello Stato, che devono garantire i diritti
dei cittadini alla tutela della propria salute psicofisica, avessero anche l
'obbligo o la facoltà di definire i criteri scientifico-didattici per l'
assistenza clinica dei pazienti e per la formazione dei professionisti
incaricati di tale assistenza.
In realtà, il fatto che la vecchia legge 1904 / 36 prescrivesse che le cure
per le malattie mentali dovessero essere somministrate in strutture
ospedaliere specializzate a tale scopo, non avrebbe dovuto minimamente
comportare ( né la legge in alcun modo lo prescriveva ) che tali strutture
dovessero essere trasformate nelle bolge infernali di cui abbiamo avuto
triste esperienza.
Allo stesso modo, il fatto che, a norma della nuova legge, sia stato
prescritto che simili luoghi non debbano più esistere, non significa, per
ciò stesso, che gli infermi mentali possano godere di migliori trattamenti
clinici, anche quando non si abbia cura di formare, nelle sedi preposte a
tali scopi, i professionisti in grado di somministrarli.
In effetti, sarebbe stato assai più pertinente, a suo tempo, chiedersi come
mai, nei (giustamente) vituperati ospedali psichiatrici del passato, i
pazienti, diversamente da quanto accadeva nelle altre istituzioni
ospedaliere, fossero ricoverati in reparti etichettati non già secondo
criteri clinici, bensì secondo categorie di ordine
comportamentistico-concentrazionario, quali agitati e tranquilli ,
sudici e puliti , e così via.
In ragione di tali brillanti criteri nosografici, poteva accadere che, ad
esempio, nello stesso reparto degli agitati potesse venirsi a trovare sia
il cerebropatico da intossicazione alcolica ( e, pertanto, affetto da un'
autentica psicosi), sia lo psicopatico ansioso con idee di autoriferimento
( cui non avrebbe dovuto essere diagnosticata un'autentica malattia
mentale), con quali risultati dal punto di vista clinico e terapeutico, è
facile immaginare.
Una simile situazione avrebbe dovuto apparire tanto più aberrante, quando si
fosse considerato che già nei primi decenni del secolo scorso, grazie ai
grandi progressi del pensiero psichiatrico (e, in particolare ai contributi
di autori come K.Jaspers e K.Schneider in psicopatologia generale e
clinica ) esistevano criteri nosografici ben precisi per formulare una
diagnosi psicopatologica differenziale tra psicosi e psicopatie, cioè tra le
autentiche malattie mentali e quei comportamenti che, per quanto causa di
disagio e di sofferenza per il paziente ed il suo ambiente sociale, non sono
da qualificarsi come patologie, bensì come condizioni o sviluppi di
personalità abnormi.
L'aspetto più paradossale dell'attuale momento della psichiatria italiana è
tuttavia che (nonostante le sbandierate intenzioni di demedicalizzare ,
quanto più è possibile, la psichiatria) grazie all'attuale formazione
accademica del medico psichiatra, fondata sull'applicazione acritica e
indiscriminata dei manuali operazionistici DSM e ICD, vengono ancor oggi
totalmente ignorati, sul piano clinico, i fondamentali criteri della
diagnosi psicopatologica differenziale, cui vengono sostituiti criteri
sociologico-pragmatici, in funzione del principio dell'adattamento all'
ambiente sociale.
In ragione di una simile impostazione pseudodiagnostica, tal quale come ai
tempi degli ospedali psichiatrici di esecrata memoria, viene meno la
possibilità di un'autentica diagnostica psicopatologica differenziale tra
psicosi e psicopatie, dal momento che le stesse psicopatie ( personalità
psicopatiche e sviluppi psicopatici ) vengono, sul piano clinico,
diagnosticate come malattie mentali e trattate alla stregua delle psicosi.
Non è pertanto fuor di luogo il giudizio di un anziano paziente che, avendo
già avuto personale esperienza delle vecchie strutture manicomiali del
capoluogo ligure, osservava argutamente che, con le nuove disposizioni di
legge, abolito il locale ospedale psichiatrico di Genova - Quarto, erano
stati creati i Quartini .
Per tali ragioni, la deplorevole situazione attualmente presentata dall'
assistenza psichiatrica, a tutti i livelli (servizi di diagnosi e cura,
servizi di igiene mentale, servizi per le tossicodipendenze, comunità
terapeutiche, ecc.), non può essere disgiunta dalle sostanziali carenze
della formazione accademica del medico, a livello sia generico che
specialistico.
E' pertanto del tutto illusorio presumere di garantire una valida assistenza
psichiatrica semplicemente e semplicisticamente attraverso la promulgazione
e/o l'applicazione di leggi o decreti che, per quanto virtuosi, non
potranno mai sostituirsi a professionisti adeguatamente preparati nello
svolgimento dei loro compiti.
G.Giacomo Giacomini
Presidente SIMPSI
PSICOPATOLOGI E PSICOTERAPEUTI
SEDE NAZIONALE
16121 Genova - Via A.M. Maragliano,
8/5 - Tel/Fax 010/580903
Internet: www.istpsico.it
e-mail: giacomin@libero.it
LETTERA APERTA
A tutti i Presidenti degli Ordini dei Medici
A tutti i Colleghi
RIFORMA PSICHIATRICA E LEGGE 180: 30 ANNI DOPO
La formazione psicopatologica del Medico
In occasione del 30° anniversario della legge 180 per la riforma dei
servizi psichiatrici, assistiamo al ritorno di vecchi equivoci e di mai
sopiti luoghi comuni, che certamente non giovano al chiarimento dei gravi
problemi di cui soffre, da sempre, la psichiatria nel nostro paese sia come
disciplina scientifica, sia come professione medica, sia come servizio di
assistenza per la salute del cittadino.
Uno dei più gravi equivoci, che ritroviamo perennemente nei dibattiti sulla
legge 180, è quello di ritenere che la validità e le modalità dell'
assistenza psichiatrica possano ( o debbano ) dipendere integralmente dalla
validità delle norme legislative vigenti, indipendentemente dal livello di
formazione dei professionisti psichiatri, ai quali spetta il compito di
gestire i servizi di assistenza per quanto concerne la diagnosi e la
terapia, e per i quali si dà per scontato che tale formazione, così come è
stata impartita dalle patrie accademie, sia quanto di meglio si possa
desiderare.
Di conseguenza, sia da parte dei colleghi responsabili della gestione
clinica dei servizi, sia da parte dei colleghi universitari cui spetta il
compito didattico di formare professionalmente i primi, si assiste, ormai da
tempo immemorabile, ad uno scarico di qualsiasi responsabilità in merito
alle condizioni dei servizi di assistenza, il cui degrado viene addebitato,
a seconda dei casi, o alle disposizioni di una legislazione aberrante ( vedi
legge 1904 / 36 ), o alla colpevole, mancata applicazione di provvedimenti
legislativi virtuosi ( vedi legge 180 ) da parte della pubblica
amministrazione.
In tal modo, da un lato, si è coperta di vituperi la vecchia legge, secondo
la quale le persone affette da alienazione mentale , quando siano
pericolose a sé o agli altri debbono essere custodite e curate in
apposite strutture ospedaliere, mentre, dall'altro lato, si sono sprecati
gli elogi per la nuova legge 180, cui viene attribuito il potere
miracolistico di risolvere tutti i problemi dell'assistenza psichiatrica,
come se le norme legislative dello Stato, che devono garantire i diritti
dei cittadini alla tutela della propria salute psicofisica, avessero anche l
'obbligo o la facoltà di definire i criteri scientifico-didattici per l'
assistenza clinica dei pazienti e per la formazione dei professionisti
incaricati di tale assistenza.
In realtà, il fatto che la vecchia legge 1904 / 36 prescrivesse che le cure
per le malattie mentali dovessero essere somministrate in strutture
ospedaliere specializzate a tale scopo, non avrebbe dovuto minimamente
comportare ( né la legge in alcun modo lo prescriveva ) che tali strutture
dovessero essere trasformate nelle bolge infernali di cui abbiamo avuto
triste esperienza.
Allo stesso modo, il fatto che, a norma della nuova legge, sia stato
prescritto che simili luoghi non debbano più esistere, non significa, per
ciò stesso, che gli infermi mentali possano godere di migliori trattamenti
clinici, anche quando non si abbia cura di formare, nelle sedi preposte a
tali scopi, i professionisti in grado di somministrarli.
In effetti, sarebbe stato assai più pertinente, a suo tempo, chiedersi come
mai, nei (giustamente) vituperati ospedali psichiatrici del passato, i
pazienti, diversamente da quanto accadeva nelle altre istituzioni
ospedaliere, fossero ricoverati in reparti etichettati non già secondo
criteri clinici, bensì secondo categorie di ordine
comportamentistico-concentrazionario, quali agitati e tranquilli ,
sudici e puliti , e così via.
In ragione di tali brillanti criteri nosografici, poteva accadere che, ad
esempio, nello stesso reparto degli agitati potesse venirsi a trovare sia
il cerebropatico da intossicazione alcolica ( e, pertanto, affetto da un'
autentica psicosi), sia lo psicopatico ansioso con idee di autoriferimento
( cui non avrebbe dovuto essere diagnosticata un'autentica malattia
mentale), con quali risultati dal punto di vista clinico e terapeutico, è
facile immaginare.
Una simile situazione avrebbe dovuto apparire tanto più aberrante, quando si
fosse considerato che già nei primi decenni del secolo scorso, grazie ai
grandi progressi del pensiero psichiatrico (e, in particolare ai contributi
di autori come K.Jaspers e K.Schneider in psicopatologia generale e
clinica ) esistevano criteri nosografici ben precisi per formulare una
diagnosi psicopatologica differenziale tra psicosi e psicopatie, cioè tra le
autentiche malattie mentali e quei comportamenti che, per quanto causa di
disagio e di sofferenza per il paziente ed il suo ambiente sociale, non sono
da qualificarsi come patologie, bensì come condizioni o sviluppi di
personalità abnormi.
L'aspetto più paradossale dell'attuale momento della psichiatria italiana è
tuttavia che (nonostante le sbandierate intenzioni di demedicalizzare ,
quanto più è possibile, la psichiatria) grazie all'attuale formazione
accademica del medico psichiatra, fondata sull'applicazione acritica e
indiscriminata dei manuali operazionistici DSM e ICD, vengono ancor oggi
totalmente ignorati, sul piano clinico, i fondamentali criteri della
diagnosi psicopatologica differenziale, cui vengono sostituiti criteri
sociologico-pragmatici, in funzione del principio dell'adattamento all'
ambiente sociale.
In ragione di una simile impostazione pseudodiagnostica, tal quale come ai
tempi degli ospedali psichiatrici di esecrata memoria, viene meno la
possibilità di un'autentica diagnostica psicopatologica differenziale tra
psicosi e psicopatie, dal momento che le stesse psicopatie ( personalità
psicopatiche e sviluppi psicopatici ) vengono, sul piano clinico,
diagnosticate come malattie mentali e trattate alla stregua delle psicosi.
Non è pertanto fuor di luogo il giudizio di un anziano paziente che, avendo
già avuto personale esperienza delle vecchie strutture manicomiali del
capoluogo ligure, osservava argutamente che, con le nuove disposizioni di
legge, abolito il locale ospedale psichiatrico di Genova - Quarto, erano
stati creati i Quartini .
Per tali ragioni, la deplorevole situazione attualmente presentata dall'
assistenza psichiatrica, a tutti i livelli (servizi di diagnosi e cura,
servizi di igiene mentale, servizi per le tossicodipendenze, comunità
terapeutiche, ecc.), non può essere disgiunta dalle sostanziali carenze
della formazione accademica del medico, a livello sia generico che
specialistico.
E' pertanto del tutto illusorio presumere di garantire una valida assistenza
psichiatrica semplicemente e semplicisticamente attraverso la promulgazione
e/o l'applicazione di leggi o decreti che, per quanto virtuosi, non
potranno mai sostituirsi a professionisti adeguatamente preparati nello
svolgimento dei loro compiti.
G.Giacomo Giacomini
Presidente SIMPSI