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RADIO KILLED THE MUSIC STAR - LA TERZA GIOVINEZZA DELLA RADIO: CRESCE LA PUBBLICITÀ, VOLA SUL WEB

Sulla radio cala l'ascolto musicale: perché aspettare il passaggio della hit che vogliamo quando ci sono Spotify e canali dedicati sugli smartphone? - Ma grazie ai social network le emittenti hanno aumentato il pubblico giovane, e con la web radio cade la barriera territoriale. Il clamoroso ritardo della DAB sarà presto colmato...

Riparte il mercato pubblicitario: le stime Nielsen sul mese di marzo parlano di un mezzo punto di crescita nella media di tutte le componenti tradizionali, ossia anche senza contare la componente social e motori di Internet, quella che non ha mai smesso di crescere. La stampa rallenta la caduta e fa sperare di aver toccato il fondo, riparte pure la tv. Ma la novità è che dopo internet il mezzo che corre di più è la vecchia radio. Il più 7, 7 a marzo e più 6, 5% di crescita nel trimestre parlano di una nuova giovinezza della “nonna della tv”.

Certo, il valore della raccolta pubblicitaria radiofonica resta sempre in un rapporto di uno a 9 rispetto alla tv, ma il ritorno di interesse da parte degli investitori pubblicitari è un dato di fatto. E rileva anche la peculiarità delle strategie radiofoniche. La carta si sta spostando su internet, la tv con la digitalizzazione del segnale ha visto la moltiplicazione dei canali e la loro specializzazione. La radio ha invece seguito una strada tutta sua. La digitalizzazione è partita con molto ritardo e solo ora sta un po’ accelerando. Non ci sono stati nuovi ingressi come nelle tv, qui il modello di business basato sulla pubblicità è e sarà l’unico e forme di pay-radio, come negli Usa, non attecchiscono.

E allora? Allora è successo che la radio si è digitalizzata e sta cambiando il suo ruolo grazie ai social network: «La radio fa community - spiega Roberto Binaghi, ceo di Mindshare, agenzia media che fa capo a GroupM - ha iniziato a puntare allo stesso pubblico dei social media e ha imparato a usare i social media per rafforzare il senso di appartenenza di tutti i diversi gruppi di utenti che formano l’ascolto di ogni emittente. Si può dire che gli ascoltatori delle radio stanno iniziando a comportarsi come i fan delle squadre di calcio. Certo, per raggiungere questo obiettivo le emittenti hanno saputo cambiare». E il cambiamento più significativo e percepibile è che nei palinsesti radiofonici la musica sta scendendo di peso.

«E’ un fenomeno molto italiano, negli Usa la musica pesa ancora molto. Ma è anche molto logico: in fondo grazie a internet, a YouTube, Spotify, iTunes, la musica ha i suoi canali più diretti e personalizzati sui gusti di ogni utente - continua Binaghi - Non si va più (o molto meno di prima) a cercare una stazione radio per il tipo di musica che trasmette. La si cerca perché dà identità». Il circuito virtuoso che si è instaurato è legato ai temi trattati. E’ una radio che utilizza i social network per socializzare le comunità di ascolto, rilancia l’uso dei diversi social durante le trasmissioni per comunicare con gli ascoltatori.

E infine, a chiudere la triangolazione, costruisce eventi fisici portando in giro “fisicamente” le trasmissioni e creando appuntamenti itineranti. Funziona: una elaborazione di GroupM sui dati di ascolto dello scorso marzo sugli utenti Facebook, ne ha censiti ben 6 milioni. Non è un ascolto esclusivo, ogni utente di Fb va su più emittenti, ma la maggior parte si ritrovano su Radio Italia (2, 3 milioni), Radio DeeJay (1, 7) e Rtl 102, 5 (1, 5 milioni). Su Twitter, invece l’emittente più connessa è DeeJay (con 1, 7 milioni) seguita da Radio 105 (1, 1) e da Rda (700 mila).

Sono differenze ancora tutte da analizzare. Quello che è certo è che, restando ancora a Facebook, i 6 milioni di utenti unici attuali rappresentano una crescita del 43% rispetto al gennaio 2014. Un altro aspetto che emerge da questo nuovo matrimonio radio-social network è anche che le radio oltre a vedere cambiati i palinsesti con il minor peso della musica, vedono anche allentarsi i vincoli territoriali. La località non è più il primo fattore di ascolto. «Più al Centro nord che al sud - precisa Binaghi - ma il fenomeno è comunque generalizzato. E’ il contenuto tematico a far premio».

Tutto questo sta cambiando anche la tipologia di ascolti. La radio sta ringiovanendo da questo punto di vista, come dimostra la rilevazione sul “reach” radiofonico (ossia la capacità di raggiungere target specifici) e come evidenziato in un recente convegno che ha reso noti i risultati di una ricerca Radiocompass (vedi grafico in pagina). Cambiano anche le tipologie di ascolto: non più solo in macchina ma anche a casa, o al lavoro.

«Prima la curva di ascolto era tipicamente a V - spiega Binaghi, con i due picchi corrispondenti agli ascolti in auto durante l’andata e il ritorno verso e dal posto di lavoro. Ora la curva si è ammorbidita, è meno profonda. Segno che si ascolta la radio anche in altri momenti, mentre si è a casa o al lavoro (ovviamente dipende dal lavoro) come sottofondo. E non sono solo gli ascoltatori “storici” che la ascoltano di più, ma arrivano ascoltatori nuovi».

Conseguenza finale, cambiano anche le tipologie di investitori pubblicitari. «Sta tornando il largo consumo, ma questo è legato alla ripresa economica - rileva ancora Binaghi - ma stanno arrivando molti prodotti online che usano la radio per il lancio, a riprova della collaborazione tra i due mezzi». Se la digitalizzazione sul versante dei contenuti è già molto avanzata, ora inizia a recuperare terreno anche sul fronte del segnale.

Una recente ricerca sulla conoscenza del sistema Dab (attivo ma ancora in fase sperimentale, con AgCom che ha appena assegnato le frequenze), rileva che 7 milioni di italiani sanno cos’è il Dab e che ci sono già oltre un milione di ricevitori attivi (come con la tv, per sentire la radio digitale bisogna cambiare apparecchio).

Il mercato auto sta rispondendo con circa 200 modelli dotati di autoradio Dab, mentre dall’Inghilterra arriva il dato di un 65% di immatricolazione di vetture dotate di ricevitore digitale. Anche sul versante degli ascolti le cose marciano bene: all’inizio della scorsa settimana è stata registrata un’audience di 600 mila persone. Un dato che va oltre le stime attese e del quale le emittenti stanno prendendo atto.

Oltre ai due consorzi nazionali Club Dab e Euro-Dab Italia e alla Rai, si stanno infatti formando rapidamente nuovi consorzi di radio locali che mettono assieme frequenze e condividono impianti. Nelle ultime settimane se ne sono formati 4 in Piemonte che raggruppano 48 emittenti e 3 in Umbria, con 23 stazioni.