Tassazione della previdenza complementare: il presupposto e la doppia imposizione
Le regole per la tassazione delle prestazioni relative a forme pensionistiche complementari nel corso degli anni ha subito diverse modifiche, tanto da determinare diversi criteri di imposizione ai fini IRPEF, a seconda del periodo nel quale maturano le somme corrisposte dal fondo pensione.
In riferimento a una di queste modalità di tassazione è stato sollevato un potenziale problema di doppia tassazione , risolto in senso negativo dall'Agenzia delle entrate con risoluzione 275/E .
Ma veniamo con ordine a riepilogare i diversi regimi in vigore e che si sono stratificati nel corso del tempo.
Per tutti coloro che erano iscritti a forme pensionistiche complementari prima del 31 dicembre 2000, e con riferimento alle somme maturate fino a questa data, le prestazioni erogate sono soggette a tassazione separata con la stessa aliquota prevista per la tassazione del TFR.
In questa ipotesi inoltre la base imponibile è costituita da quanto erogato al netto dei contributi non dedotti dal lavoratore ma al lordo dei rendimenti già tassati in capo al fondo pensione.
Invece, per le somme maturate successivamente al 31 dicembre 2000 e fino al 31 dicembre 2006 il regime di tassazione si sdoppia per tener conto delle cause che hanno portato all'interruzione del rapporto di lavoro che poi costituisce il presupposto per l'erogazione della prestazione legata alla forma pensionistica complementare.
Infatti, nel caso in cui l'interruzione del rapporto di lavoro sia dovuto a cause non riconducibili alla volontà del lavoratore (pensionamento, cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o altre cause comunque non imputabili alla volontà del lavoratore), le somme erogate dal fondo pensione sono soggette a tassazione separata con aliquota pari a quella determinata per la tassazione delle somme erogate a titolo di TFR.
Nel caso in cui invece l'interruzione del rapporto di lavoro sia riconducibile a volontà del lavoratore , le somme percepite da quest'ultimo saranno soggette a tassazione ordinaria con una evidente penalizzazione per lo stesso (in questo caso infatti quel che si penalizza è lo scopo del realizzo, non correlato alle finalità di previdenza integrativa ma a forme di realizzo finanziario degli importi versati).
In entrambi gli ultimi due casi analizzati inoltre, la base imponibile è determinata detraendo dalla somma erogata sia le somme non dedotte dal lavoratore, sia i rendimenti derivanti dagli investimenti effettuati dal fondo.
Veniamo ora all'ultima, più recente disciplina di tassazione delle somme erogate a titolo di previdenza complementare che invece riguarda importi maturati a partire dal primo gennaio 2007. A partire da tale data è entrato infatti in vigore l'ultimo intervento di riforma relativo alla tassazione delle forme di previdenza complementare.
Tale riforma ha previsto, come quella precedente, una differenziazione dei criteri di tassazione , in funzione delle motivazioni che hanno portato all'interruzione del rapporto di lavoro e dunque all'erogazione della prestazione.
Pertanto, nel caso in cui l'interruzione del rapporto di lavoro non sia riconducibile a cause legate alla volontà del lavoratore (e dunque sia dovuta ad inoccupazione superiore a 48 mesi, premorienza del lavoratore, ad invalidità permanete dello stesso, o a ricorso da parte del datore di lavoro a forme di mobilità) le somme erogate sono soggette a ritenuta a titolo d'imposta del 15% , ridotta progressivamente fino al 9% in funzione del periodo di partecipazione a forme di previdenza complementare.
Le somme erogate sconteranno invece un ritenuta a titolo d'imposta del 23% , qualora l'interruzione del rapporto di lavoro e dunque il presupposto per l'erogazione della prestazione pensionistica complementare, sia legato a causa imputabile a volontà del lavoratore.
Anche in questa ipotesi e per la stessa ragione vista nel caso precedente il lavoratore subisce una penalizzazione nella tassazione della somma percepita.
Ed anche in questo caso la base imponibile è determinata considerando la somma erogata al netto dei contributi non dedotti dal lavoratore e del rendimento delle somme investite e già tassate in capo al fondo pensione.
Come accennato all'inizio del presente scritto ed in riferimento al primo dei regimi fiscali qui analizzato si pone un (presunto) problema di doppia imposizione in quanto il rendimento delle somme investite dal fondo pensione viene tassato una prima volta in capo a quest'ultimo e, non essendo possibile dedurre talerendimento dalle somme percepite dal lavoratore, una seconda volta in capo al lavoratore, all'atto dell'erogazione della prestazione pensionistica.
Il nostro ordinamento a tale riguardo proibisce espressamente la doppia imposizione laddove, all' articolo 163 del TUIR recita: "La stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto , neppure nei confronti di soggetti diversi".
Dunque sembra porsi, in riferimento alla fattispecie qui considerata un problema di doppia imposizione. In realtà,come si diceva più sopra, tale problema è stato risolto in senso negativo dall'Agenzia delle entrate con la risoluzione 275/E, proprio perchè diverso è il presupposto nei due casi.
In effetti, argomenta l'Agenzia delle entrate, il p resupposto per l'applicazione dell'imposta in capo al fondo pensione è infatti l'impiego della provvista ricevuta dai lavoratori in forme di investimento, mentre presupposto per la tassazione in capo al lavoratore è la cessazione del rapporto di lavoro (o del rapporto dell'iscritto stesso con l'ente previdenziale).