Pignoramento conto corrente: per chi è dipendente o pensionato, chi rischia il blocco dei soldi?
Cosa succede dopo che il creditore ha notificato l’atto di pignoramento alla banca o alla posta e sul conto corrente erano presenti dei soldi depositati?
La legge tutela chi lavora e crea reddito?
Innanzitutto in tema di tasse: i dipendenti subiscono una trattenuta dall’azienda e, quindi, non hanno quella libertà che, invece, consente spesso agli autonomi di evadere.
Dall’altro lato però, quando si tratta di pignorare lo stipendio di un lavoratore dipendente, esistono dei limiti di cui tutti gli altri lavoratori non godono. E difatti, come noto, il cosiddetto “quinto pignorabile” vale solo per i rapporti subordinati, non anche per i professionisti, gli artigiani o chiunque altro eserciti un’attività autonoma.
Pignoramento stipendio: quali limiti?
Il creditore può scegliere di pignorare lo stipendio del dipendente prima che il datore di lavoro glielo eroghi, notificando proprio a quest’ultimo l’ordine di trattenere un quinto della busta paga per versarlo a lui. Tutto ciò avviene comunque tramite un ufficiale giudiziario (che notifica l’atto di pignoramento presso terzi sia al debitore che al datore) e un giudice (che ordina al datore di versare al creditore tutte le somme accantonate sino all’udienza e quelle delle mensilità successive fino ad estinzione del debito).
La procedura viene detta pignoramento presso terzi dove il terzo è appunto l’azienda.
Il pignoramento può spingersi fino a massimo un quinto del netto della busta paga . Non si tiene però conto delle eventuali cessioni del quinto stipulate dal debitore (in quanto atti volontari).
Se il creditore è l’Agenzia Entrate riscossione, il pignoramento è di massimo un decimo se lo stipendio non supera 2.500 euro o di massimo un settimo se lo stipendio si colloca tra 2.5001 e 5.000 euro; per somme superiori a 5.000 euro vale di nuovo il limite del quinto.
Se concorrono due creditori nello stesso momento, l’accantonamento del quinto viene prima corrisposto al primo creditore che ha avviato la procedura e poi, a estinzione del debito, al secondo, comunque sempre nei limiti di un quinto. Tuttavia, quando si tratta di crediti di natura diversa, essi possono essere soddisfatti contemporaneamente purché il pignoramento non superi il 50% della busta paga.
A riguardo, sono solo tre sono le tipologie di credito prese in considerazione dalla legge:
- i debiti con il fisco (tasse, sanzioni),
- i debiti di natura alimentare (assegno di mantenimento all’ex moglie, ai figli)
- tutti gli altri debiti con soggetti privati (banche, finanziarie, fornitori, ecc.).
In ogni caso il creditore non può mai pignorare una somma superiore al proprio credito maggiorato della metà (ad esempio, per un credito di 1.000 euro, il pignoramento può arrivare a massimo 1.500 euro) in modo da coprire spese legali e interessi. Con la conseguenza che:
- se sul conto ci sono meno soldi, essi saranno tutti bloccati e poi versati al creditore;
- se sul conto ci sono più soldi, sarà bloccata solo la parte pignorata mentre il resto rimane utilizzabile.
Se il conto corrente è cointestato, il pignoramento non può superare il 50% del conto medesimo.
Sul punto è interessante leggere Pignoramento del conto: come difendersi .
Il fatto che il conto sia pignorato non impedisce al debitore di ricevere bonifici . Se questi però intervengono prima dell’udienza davanti al giudice e il conto conteneva meno soldi del credito azionato, le nuove somme vengono anch’esse bloccate dalla banca in attesa dell’assegnazione; se invece il bonifico arriva dopo l’udienza, non vi sono limiti di utilizzo perché, come detto, a tale data il conto viene sbloccato.
Se il conto corrente è vuoto o ha un saldo negativo, non viene vincolata alcuna somma; tuttavia, se prima dell’udienza in tribunale il debitore dovesse ricevere qualche bonifico, le somme accreditategli verrebbero pignorate; chiaramente le stesse regole valgono anche per i conti postali.
Pignoramento di un conto intestato a lavoratore dipendente o pensionato
Completamente diverse sono le regole in caso di pignoramento del conto corrente su cui viene accreditato solo lo stipendio o solo la pensione. Difatti in questi casi succede che:
- le somme già depositate al momento della notifica del pignoramento alla banca vengono bloccate solo per la parte che eccede il triplo della misura dell’assegno sociale, Per il 2019, l’assegno sociale è pari a 457,99 euro al mese. Pertanto il triplo dell’assegno sociale è 1.373,97 euro. Dunque, in caso di pignoramento, possono essere bloccate solo le somme che superano tale limite. Per esempio, se sul conto ci sono 1.500 euro, il creditore può pignorare solo 126,03 euro (1.500 – 1373,97 pari cioè a 3×457,99); se invece sul conto c’è un importo inferiore, il pignoramento non tocca il deposito;
- gli stipendi o le pensioni che saranno accreditati dopo la notifica del pignoramento alla banca vengono anch’esse bloccate ma solo entro massimo un quinto, mentre il resto viene lasciato alla disponibilità del debitore. Valgono cioè le stesse regole che abbiamo visto per quanto riguarda il pignoramento presso il datore di lavoro;
- una volta che si va davanti al giudice, ossia all’udienza di assegnazione delle somme bloccate dalla banca, il conto non viene più sbloccato ma resta sottoposto al vincolo del pignoramento. In pratica la banca – al pari di come avrebbe fatto il datore di lavoro – deve trattenere un quinto su ogni busta paga o su ogni mensilità della pensione versata al debitore e girarlo immediatamente al creditore che ha avviato il pignoramento.
Attenzione però: queste regole valgono solo se il debitore, lavoratore dipendente, fa confluire sul conto unicamente lo stipendio o la pensione. Se invece vi versa anche proventi derivanti da altre fonti (donazioni, vendite private, altre attività lavorative autonome) non può più usufruire di questo trattamento di favore.
Pignoramento conto corrente: chi rischia il blocco dei soldi?
Alla luce di quanto detto vediamo, in caso di pignoramento del conto corrente, chi rischia il blocco dei soldi. Sicuramente, se sul conto c’è già una grossa disponibilità all’atto della notifica dell’atto di pignoramento, a rischiare maggiormente è il lavoratore autonomo o il professionista: in tal caso infatti il creditore può “prendersi” tutta la disponibilità, senza i limiti visti per il dipendente e il pensionato (per il quale invece non si può toccare una somma pari al triplo dell’assegno sociale).
Se però sul conto non c’è nulla o molto poco, il lavoratore autonomo rischia poco perché il pignoramento si chiude subito, con l’udienza davanti al giudice. Vanno peggio le cose per il dipendente e il pensionato, per i quali il pignoramento si estende a tutte le successive somme accreditate dal datore o dall’Istituto di previdenza.