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Notiziario on line – news letter n.18


Scarico acque reflue: è una fattispecie aggravante il superamento dei limiti con sostanze più pericolose



La questione
Il
testo unico per l'ambiente (Dlgs 3 aprile 2006 n. 152), novellato dal decreto correttivo del 2008 (Dlgs 16 gennaio 2008 n. 4) individua all'articolo 137 il sistema sanzionatorio penale per gli scarichi di acque reflue.
Le modifiche legislative intervenute a partire dalla legge Merli del 1976 hanno reso non sempre chiaramente intellegibili i precetti rafforzati da previsione di sanzione penale.
L'originaria repressione di tutti i comportamenti posti in violazione della legge sulla tutela delle acque è stata sostituita da una diversificata graduazione dei comportamenti. L'illecito amministrativo è la norma ed eccezionali sono le ipotesi di rilevanza penale.
Il criterio dell'offensività e, quindi, della presenza effettiva di una lesione o di un pericolo di lesione del bene tutelato dalla norma, ha dovuto orientarsi lungo i binari dettati dalle norme comunitarie che esigevano sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. Criteri, questi ultimi, richiamati nelle leggi delega che imponevano sanzioni penali per tutte le violazioni di norme tese a tutelare interessi generali dell'ordinamento interno, con il mantenimento dei livelli di protezione ambientale previsti dalla normativa nazionale, semmai più rigorosi rispetto a quelli derivanti dalla normativa comunitaria.
La strategia di controllo sugli scarichi, quale unico presidio nella tutela dei corpi idrici, è stata radicalmente modificata da una politica di ispirazione comunitaria di tutela della qualità e delle caratteristiche intrinseche delle acque e dei corpi idrici ricettori in cui recapitano le acque reflue. Ciò non toglie che vadano imposti limiti alla presenza negli scarichi di determinate sostanze indicate in una serie di tabelle contenute nell'allegato 5 alla parte terza del testo unico. Anzi, l'ambizioso obiettivo di una tutela ecosistemica dei corpi idrici, corretto nei principi, si è scontrato con evidenti difficoltà nel sistema italiano dei controlli ambientali, tali da consigliare il rapido ritorno a forme meno strategiche ma più facilmente attuabili di salvaguardia del bene acqua.
È controverso se lo scarico di acque reflue industriali, con superamento dei limiti fissati nella tabella 3 o lo scarico su suolo, con superamento dei limiti contenuti nella tabella 4, abbiano rilevanza penale indipendentemente dal fatto che riguardino o meno le sostanze indicate nella tabella 5, caratterizzate dalla loro natura tossica, persistente o bioaccumulabile. Il dato testuale della legge attualmente vigente, con una modifica solo apparentemente modesta rispetto al passato, sostituendo la congiunzione ovvero con quella di oppure ripetuto da superi, rispetto al decreto legislativo 152 del 1999, corretto dal decreto legislativo n. 258 del 2000, sembra aver reso definitivamente chiara la volontà del legislatore, probabilmente non lasciando più spazio a diverse interpretazioni.
Il quesito da risolvere
Scarichi industriali e superamento dei limiti tabellari. Sempre reato?
La soluzione
È sanzionato penalmente lo scarico di acque reflue industriali che recapiti in acque superficiali o in fognatura quando supera i valori limite fissati nella tabella 3, nonché lo scarico sul suolo di acque reflue industriali quando supera i valori limite fissati nella tabella 4, anche se il superamento tabellare non riguarda le diciotto sostanze più pericolose elencate nella tabella 5.
Pertanto, come nel caso esaminato dalla Suprema corte dopo l'entrata in vigore del testo unico ambientale, è penalmente rilevante anche il superamento di valori limite quali il BOD5 e COD. Lo stesso può valere per i parametri più di frequente rilevati quali i solfati, i tensioattivi, i solidi sedimentati ecc.
È inoltre punito, con la stessa pena, qualsiasi scarico di acque reflue industriali che superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni, dalle province autonome, dalle autorità di gestione del servizio idrico integrato o dall'ente che abbia rilasciato l'autorizzazione allo scarico, in relazione alle diciotto sostanze elencate nella tabella 5, per le quali - in ragione della loro maggiore pericolosità - le autorità suddette non possono adottare limiti meno restrittivi.
Costituisce, invece, fattispecie aggravante il superamento dei valori limite fissati per le sostanze, aventi ancor maggiore pericolosità, contenute nella tabella 3/A dell'allegato 5.
Queste sanzioni si applicano, ai sensi del sesto comma dell'articolo 137, oltre che ai titolari di scarichi industriali, ai gestori di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che, nell'effettuazione dello scarico, superino i valori limite sopra indicati. Sul punto si è aperta una nuova questione circa l'applicabilità della sanzione penale anche agli scarichi di acque reflue urbane non assistiti da impianti di trattamento (Prati, Scarichi e inquinamento idrico dopo il Tu ambientale, Ipsoa, 2006. p. 151). Un tema che semmai in futuro affronteremo.
GLI INTERVENTI LEGISLATIVI
Le modifiche legislative che sono intervenute rilevano in una corretta distinzione tra i superamenti dei valori limite di emissione che comportino o meno l'applicazione della sanzione penale. Infatti, ai sensi dell'articolo 133 del testo unico ambientale, chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'allegato 5, oppure i diversi limiti stabiliti dalle regioni o quelli fissati dall'autorità competente (Autorità d'ambito o soggetto competente al rilascio all'autorizzazione dello scarico) è punito con la sanzione amministrativa. Costituisce invece reato il superamento dell'emissione di talune sostanze mediante l'effettuazione di uno scarico di acque industriali individuate dal quinto comma dell'articolo 137.
I diversi orientamenti giurisprudenziali vanno letti avendo ben chiara l'evoluzione legislativa che è avvenuta nel corso degli ultimi dieci anni. S'impone una sua rapida rilettura.
L'articolo 59 del decreto legislativo 152 del 1999 assoggettò a sanzione penale il superamento dei valori limite fissati nella tabelle 3 dell'allegato 5 in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5, ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome.
Il decreto correttivo n. 258 del 2000 apportò una modifica della quale non fu immediatamente colta la rilevanza. Divenne reato il superamento dei valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'allegato 5, ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'autorità competente, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'allegato 5. Il riferimento alle 18 sostanze più pericolose elencate nella tabella 5 fu, quindi, posposto alla previsione dei limiti imposti da regioni e province.
La norma vigente (articolo 137 del testo unico ambientale) indica come fattispecie a rilevanza penale il superamento dei valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure il superamento dei limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'autorità competente, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
In conclusione, ogni stabellamento riferito ai valori limite fissati nella tabella 3 costituisce ora reato?
LA GIURISPRUDENZA PRECEDENTE
Nella vigenza del decreto legislativo n. 152 del 1999 era stato ritenuto non sufficiente il superamento dei parametri stabiliti dalla tabella 3 per qualsiasi sostanza affinché si configurasse l'illecito penale, allora previsto dall'articolo 59. Il dato normativo era chiaro. Si faceva riferimento al superamento dei valori limite fissati dalla tabella 3 dell'allegato 5, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5. Una lettura - veniva sottolineato nelle varie pronunce - coerente con il successivo richiamo ai limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome e alla clausola di riserva, contenuta nella precedente disposizione di cui all'articolo 54 del decreto allora vigente, relativa all'illecito amministrativo del generico superamento dei valori limite (Cassazione 2000 Dallo; 2000 Vanni).
L'ORIENTAMENTO SUCCESSIVO ALL'ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE DEL 2000
La posposizione del riferimento alle sostanze maggiormente pericolose, contenute nella tabella 5, operata dal legislatore, non apparve immediatamente rilevante alla Cassazione che continuò a ritenere indispensabile il superamento nei valori limite fissati nella tabella 3 con riferimento alle sostanze indicate nella tabella 5, affinché si potesse affermare la penale responsabilità del titolare dello scarico (Cassazione 3798/2002; 12361/2003 e 28 febbraio 2003, Orsini, con riferimento a scarico industriale in pubblica fognatura).
Il primo arresto giurisprudenziale avvenne nel 2001 (Cassazione 33761 /2001) e con più ampia motivazione nel 2003, quando la Cassazione (relatore Postiglione) individuò, a seguito della modifica legislativa, la sussistenza di due fattispecie. La prima si ha in ipotesi di scarico di acque reflue industriali con superamento dei valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso dello scarico al suolo, nella tabella 4. La seconda si concreta in presenza di uno scarico di acque reflue industriali che superino i valori dei limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5.
Pertanto, la sanzionabilità penale è vincolata alla presenza delle sostanze maggiormente pericolose (tabella 5) nel solo caso in cui il superamento riguardi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni (Cassazione 1758/2003).
Come fu sottolineato nella sentenza, un probabile mutamento di rotta da parte del legislatore era già stato segnalato dalla Corte costituzionale che aveva invitato il giudice rimettente a rivalutare la questione sottoposta a scrutinio - la legittimità costituzionale della depenalizzazione - alla luce dello jus superveniens (Corte costituzionale, ordinanza 224 /2002).
Sino all'emanazione del testo unico ambientale l'interpretazione data dalla Corte al nostro tema fu contrastante (Cassazione 325/2004; 19254/2005; ma anche n. 19522 del 2004).
L'ORIENTAMENTO ATTUALE DOPO L'EMANAZIONE DELDECRETO LEGISLATIVO 152 DEL 2006
Come è stato anticipato, il legislatore, apportando un'ulteriore minima modifica al testo della norma, ora articolo 137 del testo unico ambientale, sembra aver definitivamente chiarito i limiti della previsione penale.
In applicazione del testo unico ambientale la Cassazione (rel. Onorato) ha confermato l'interpretazione più restrittiva proposta dalle sentenze del 2001 e del 2003 apprezzando la maggior chiarezza della formulazione del nuovo testo di legge rispetto a quello previgente (Cassazione 37279/2008).