Newsletter 34
Notiziario on line – news letter n.34
IL PROBLEMA DEI DANNI DEL TERZO TRASPORTATO
l’azione per il risarcimento del danno subito dal terzo trasportato può essere proposta nei confronti dell’impresa di assicurazione, del conducente e del proprietario del veicolo investitore Il Giudice di pace di Bari con sentenza 22 ottobre – 20 novembre 2008, n. 14532, Giudice Di Pede , ha chiarito che "alla luce degli artt. 2043 e 2054 cod. civ., 141 e 144, commi 1 e 3 del C.d.A. non sussiste alcuna preclusione al diritto del terzo trasportato di agire nei confronti del conducente del veicolo antagonista e della relativa compagnia assicuratrice. Tale interpretazione è, peraltro, conforme al dettato dell’art. 76 Cost., in quanto la legge delega 29.07.2003, n. 229, nel dettare i principi ed i criteri direttivi del nuovo codice della assicurazioni aveva prescritto, tra l’altro, l’adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie ed agli accordi internazionali, e considerato che, ai sensi dell’art. 4 quinquies della Direttiva 2005/14/CE dell’11.05.2005 'gli Stati membri provvedono affinchè le persone lese a seguito di sinistro, causato da un veicolo assicurato ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, della Direttiva 72/166/CEE, possano avvalersi di un diritto di azione diretta nei confronti dell’impresa che assicura contro la responsabilità civile la persona responsabile del sinistro' (cfr. Trib. Torino Sez. IV Civ., 11.10.2007, n. 6070).
LE AZIONI ESPERIBILI IN CONSEGUENZA DELL'INADEMPIMENTO CONTRATTUALE
Meritevole di attenta lettura la sentenza 23 settembre 2008-14 gennaio 2009, n. 553, Presidente Carbone, Relatore Travaglino, con la quale la S.C. di Cassazione, Sezioni unite civili , chiamata a risolvere i contrasti insorti fra le parti di contratto preliminare di compravendita, ha operato una puntuale analisi dello stato della giurisprudenza e dei numerosi contrasti in tema di domande conseguenti all'inadempimento contrattuale, pervenendo alla conclusiva enunciazione dei seguenti principi di diritto: a) I rapporti tra azione di risoluzione e di risarcimento integrale da una parte, e azione di recesso e di ritenzione della caparra dall'altro si pongono in termini di assoluta incompatibilità strutturale e funzionale: proposta la domanda di risoluzione volta al riconoscimento del diritto al risarcimento integrale dei danni asseritamente subiti, non può ritenersene consentita la trasformazione in domanda di recesso con ritenzione di caparra perché verrebbe così a vanificarsi la stessa funzione della caparra, quella cioè di consentire una liquidazione anticipata e convenzionale del danno volta ad evitare l'instaurazione di un giudizio contenzioso, consentendosi inammissibilmente alla parte non inadempiente di "scommettere" puramente e semplicemente sul processo, senza rischi di sorta; b) L'azione di risoluzione avente natura costitutiva e l'azione di recesso si caratterizzano per evidenti disomogeneità morfologiche e funzionali: sotto quest'ultimo aspetto, la trasformazione dell'azione risolutoria in azione di recesso nel corso del giudizio lascerebbe in astratto aperta la strada (da ritenersi, invece, ormai preclusa) ad una eventuale, successiva pretesa (stragiudiziale) di ritenzione della caparra o di conseguimento del suo doppio (con evidente quanto inammissibile rischio di ulteriore proliferazione del contenzioso giudiziale); c) Azione di risoluzione "dichiarativa " e domanda giudiziale di recesso partecipano della stessa natura strutturale, ma, sul piano operativo, la trasformazione dell'una nell'altra non può ritenersi ammissibile per i motivi, di carattere funzionale, di cui al precedente punto b); d) La rinuncia all'effetto risolutorio da parte del contraente non adempiente non può ritenersi in alcun modo ammissibile, trattandosi di effetto sottratto, per evidente voluntas legis, alla libera disponibilità del contraente stesso;
e) I rapporti tra l'azione di risarcimento integrale e l'azione di recesso , isolatamente e astrattamente considerate, sono, a loro volta, di incompatibilità strutturale e funzionale; f) La domanda di ritenzione della caparra è legittimamente proponibile, nell'incipit del processo, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dalla parte nell'introdurre l'azione "caducatoria" degli effetti del contratto: se quest'azione dovesse essere definita "di risoluzione contrattuale " in sede di domanda introduttiva, sarà compito del giudice, nell'esercizio dei suoi poteri officiosi di interpretazione e qualificazione in iure della domanda stessa, convertirla formalmente in azione di recesso , mentre la domanda di risoluzione proposta in citazione, senza l'ulteriore corredo di qualsivoglia domanda "risarcitoria", non potrà essere legittimamente integrata, nell'ulteriore sviluppo del processo, con domande "complementari", né di risarcimento vero e proprio né di ritenzione della caparra , entrambe inammissibili perché nuove.