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Notiziario online – newsletter n.2




Cassazione Civile Sezione II, sentenza 25 marzo 2013 n. 7468


Prezzi e corrispettivi - Modifica del progetto – Maggiori spese per l’appaltatore -Maggiore compenso - Spettanza - Condizioni - Natura - Indennità per atto lecito - Risarcimento del danno - Esclusione.


(Cpc, articoli 1655, 1657, 1661 e 1664)


Il committente che in corso d’opera modifica il progetto e costringe l’appaltatore a una spesa maggiore, per il protrarsi dei lavori o per il maggior costo dei materiali e della manodopera impiegata, ha l’obbligo di pagargli un compenso maggiore. Il sinallagma funzionale - infatti - fa sì che l’aumento di una delle due prestazioni comporti l’aumento anche l’altra. Il supplemento è dovuto a titolo di prezzo, cioè di corrispettivo contrattuale e non si semplice indennità per atto lecito o di risarcimento del danno. Una volta liquidato tale maggiore compenso non rimane distinto - quanto a natura giuridica - dal prezzo originario e, insieme a questo ultimo, si pone come semplice componente di un nuovo prezzo complessivo, perché unica, giuridicamente, è l’opera di cui entrambe le voci costituiscono il corrispettivo. Corrispettivo che integra un debito di valuta e che non muta natura giuridica se viene revisionato, vuoi per fatti imputabili al committente, vuoi per le variazioni del progetto che egli ha facoltà di disporre in corso d’opera.




Cassazione Sezione III, sentenza 21 marzo 2013 n. 7125


Danno - Cagionato da cose in custodia – Necessità della colpa del custode - Esclusione. (Cc, articoli 2051, 2727 e 2728)


La responsabilità del custode, di cui all’articolo 2051 del Cc, ha natura oggettiva e presuppone non la colpa del custode, ma la mera esistenza d’un nesso causale tra la cosa e il danno, la cui prova è fornita dal danneggiato mediante la dimostrazione delle condizioni potenzialmente lesive possedute dalla cosa, da valutarsi alla stregua della normale utilizzazione di essa; la responsabilità è perciò esclusa solo dalla prova del fortuito, nel quale può rientrare anche la condotta della stessa vittima, ma, nella valutazione dell’apporto causale da quest’ultima fornito alla produzione dell’evento, il giudice deve tenere conto della natura della cosa e delle modalità che in concreto e normalmente ne caratterizzano la fruizione.


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In tema di riparto dell’onere della prova in materia di risarcimento ex articolo 2051 del Cc, la Cassazione, richiamando precedenti giurisprudenziali, ha affermato che compete al danneggiato provare il nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l’esistenza di un fattore causale estraneo alla sua sfera soggettiva e idoneo a interrompere quel nesso di causalità. In relazione, poi, al giudizio sulla pericolosità delle cose inerti, questo deve essere condotto alla stregua di un modello relazionale in base al quale la cosa viene considerata nel suo normale interagire con il contesto dato, sicché una cosa inerte in tanto può ritenersi pericolosa in quanto determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realtà circostante. Così, ad esempio, nel caso di caduta da una scala avente determinate caratteristiche, il giudice di merito dovrà esaminarle tutte per verificare se, utilizzata la scala secondo parametri di normalità, permanga un margine di rischio di caduta superiore a quello che si corre nelle condizioni di normale utilizzo della scala (Cassazione 11016/2011, 4279/2008 e 15429/2004). Qualora tale rischio sussista, ne deve rispondere il custode ex articolo 2051 del codice civile.