Newsletter 21
Notiziario online – news letter n.21
Tribunale di Pistoia, 31 marzo 2010 – Pres. D’Amora – Est. Patrizia Martucci.
Concordato preventivo – Omologazione – Disciplina applicabile alla procedura – Procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto 35/2005 – Risoluzione.
Concordato preventivo – Fase esecutiva – Risoluzione ed annullamento – Disposizioni transitorie – Applicabilità – Tempus regit actum.
Concordato preventivo – Fallimento – Effetti – Risoluzione – Effetti – Differenze.
Per il principio del tempus regit actum, la procedura di concordato ancora pendente alla data dell’entrata in vigore del decreto 35/2005, è disciplinata, fino all’omologa, dal regime di cui al detto decreto. Di contro, la fase risolutoria deve considerarsi disciplinata dall’art. 186 legge fallimentare nella attuale versione di cui al d.lgs 169/2007 (cd decreto correttivo) in vigore dal 1 gennaio 2008 e ciò per la natura processuale della norma di cui all’art. 186 legge fallimentare e per la autonomia e indipendenza della fase risolutoria rispetto a quella concordataria.
La fase esecutiva del concordato preventivo, per espresso dettato normativo, deve considerarsi estranea alla procedura concordataria in senso proprio che, appunto, si chiude con l’omologa. Ne consegue che le disposizioni transitorie che hanno dato attuazione temporale alle intervenute Riforme attengono solo a questa, e non anche alla fase esecutiva, regolata dalla legge vigente al momento secondo il principio del tempus regit actum.
La risoluzione del concordato preventivo ed il fallimento sono istituti ontologicamente diversi: il secondo, ove trovi attuazione a seguito della iniziativa creditoria, sortisce effetti propri, il che, ovviamente, non consegue al mero accertamento di mancata esecuzione che limita i suoi effetti: 1) al porre fine alla fase di sorveglianza e di attività degli organi della procedura; 2) a determinare la conseguente archiviazione della procedura esecutiva, altrimenti destinata a restare "aperta" a tempo indeterminato quantomeno sotto il profilo del controllo; 3) a restituire ai creditori insoddisfatti la possibilità di agire nei confronti del soggetto debitore a tutela del credito.
Fonte.ilcaso.it
Cassazione n. 18989 del 01.09.10
Sul riempimento del documento sottoscritto in bianco
Se al momento della sottoscrizione il documento era in bianco, è onere del sottoscrittore che voglia contestarne il contenuto provare che è stato riempito contra pacta, ovvero proporre querela di falso se compilato absque pactis, la S.C. ha chiarito che "nel caso di sottoscrizione di documento in bianco colui che contesta il contenuto della scrittura è tenuto a proporre querela di falso se assume che il riempimento è avvenuto “absque pactis”, cioè senza autorizzazione del sottoscrittore con preventivo patto di riempimento (Cass. 18059/2007); diversamente, poiché il documento esce dalla sfera di controllo del sottoscrittore completo e definitivo, l’interpolazione del testo investe il modo di essere oggettivo dell’atto, tanto da realizzare una vera e propria falsità materiale, che esclude la provenienza del documento dal sottoscrittore. Peraltro, colui che, riconoscendo di aver sottoscritto il documento, si duole del suo riempimento in modo difforme da quello pattuito, ha l’onere di provare la sua eccezione di abusivo riempimento “contra pacta” e quindi di inadempimento del mandato ad scribendum ovvero di non corrispondenza tra il dichiarato e ciò che si intendeva fosse dichiarato (Cass. 2524/2006, 6167/2009) perché, non potendo esser esclusa la provenienza del documento dal suo sottoscrittore, attraverso il patto di riempimento questi fa preventivamente proprio il risultato espressivo prodotto dalla formula che sarà adottata dal riempitore" (Cass. 5245/2006).