Newsletter 16
Notiziario online – news letter n. 16
Cassazione Sezione I, sentenza 24 maggio 2010 n. 12626
Banche – segnalazione delle sofferenze – condizioni – valutazione della complessiva situazione patrimoniale del debitore – necessità
La segnalazione di una posizione in sofferenza presso la centrale rischi della Banca d'Italia, secondo le istruzioni del predetto istituto, lungi dal poter discendere dalla sola analisi dello specifico o degli specifici rapporti in corso di svolgimento tra la singola banca segnalante e il cliente, implica una valutazione della complessiva situazione patrimoniale di questo ultimo, ovvero del debitore di cui alla diagnosi di sofferenza. L'accostamento che tali istruzioni hanno inteso stabilire tra stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente) e situazione sostanzialmente equiparabili, inducono a preferire quelle ricostruzioni che, oggettivamente gemmate dalla piattaforma di cui all'articolo 5 della legge fallimentare, hanno tuttavia proposto, ai fini della segnalazione, una nozione levior rispetto a quella della insolvenza fallimentare, così da concepire lo stato di insolvenza e le situazioni equiparabili in termini di valutazione negativa di una situazione patrimoniale apprezzata come deficitaria, ovvero - in buona sostanza - di grave (e non transitoria) difficoltà economica, senza - cioè - fare necessario riferimento all'insolvenza intesa quale situazione di incapienza, ovvero di definitiva irrecuperabilità. Conclusivamente, ciò che rileva è la situazione oggettiva di incapacità finanziaria (incapacità non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte) mentre nessun rilievo assume la manifestazione di volontà di non adempimento, se giustificata da una seria contestazione sulla esistenza del titolo del credito vantato dalla banca
Cassazione Sezione III, sentenza 16 luglio 2010 n. 16617
Titoli di credito - Assegno bancario - Firma di traenza non conforme allo specimen depositato presso la banca - Obblighi per l’istituto di credito - Inadempimento - Conseguenze. (Legge 89/1913, articolo 47; legge 349/1973, articolo 12)
Qualora all’esito dell’esame esterno della firma di traenza è evidente la non corrispondenza della conformità documentale di essa allo specimen della firma depositato presso la banca dal correntista, l’istituto di credito non può limitarsi a dichiarare che rifiuta il pagamento dell’assegno perché è stato denunciato come rubato, ma ha l’obbligo di precisare chiaramente al pubblico ufficiale incaricato del protesto che il titolare del conto corrente è un soggetto diverso da quello il cui nome figura nella sottoscrizione dell’assegno, e che tra il titolare del conto e il traente non vi è nessun rapporto negoziale o legale, opponibile alla banca, che legittimi quest’ultimo a obbligarsi in nome e per conto di quegli. Diversamente il comportamento dell’istituto costituisce causa del fatto ingiusto della pubblicazione del nome del correntista sul bollettino dei protesti, non essendo sufficiente a tutelarlo dal discredito sociale ed economico la collocazione in apposita categoria, con conseguente responsabilità, anche contrattuale, di tutti i danni che ne derivano.
Cassazione Sezione I, sentenza 24 maggio 2010 n. 12626
Danno - Non patrimoniale - Lesione dell’immagine sociale - In caso di illegittima denuncia di segnalazione delle sofferenze - Sussiste - Risarcimento
dei danni in via equitativa - Ammissibilità. (Costituzione,articoli 2, e 3; Cc, articoli 1226, 2043 e 2056)
In caso di illegittima segnalazione di una posizione in sofferenza presso la centrale rischi della Banca d’Italia, da parte di un istituto di credito, sussiste - non diversamente a quanto si verifica in caso di illegittimo proposto di una cambiale - il danno da lesione dell’immagine sociale della persona che si
vede ingiustamente indicata come insolvente. Tale lesione costituisce un danno reale che deve essere risarcito senza necessità per il danneggiato di fornire la prova della sua esistenza. È corretto, pertanto, il ricorso alla liquidazione del danno con criteri equitativi, ammissibile qualora l’attività istruttoria svolta non consenta di dare certezza alla misura del danno stesso, come avviene quando, essendone certa l’esistenza, risulti impossibile o estremamente difficoltoso provare la precisa entità del pregiudizio economico subito.