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Notiziario online – news letter n. 12
Cassazione Sezioni Unite, sentenza 1° aprile 2010 n. 8065 -
Trasfusioni - Danno da epatite post trasfusionale - Indennizzo - Spettanza - Condizioni - Limiti.
(Costituzione, articoli 2 e 38; Dpr 23 dicembre1978 n. 915; Dpr 30 dicembre 1981 n. 834; legge 25 febbraio 1992 n. 210, articoli 1 e 4)
L’articolo 1 comma 3, della legge 25 febbraio 1992 n. 210, letto unitamente al successivo articolo 4, comma 4, deve interpretarsi nel senso che prevede un indennizzo in favore di coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post trasfusionali sempre che tali danni possano inquadrarsi – pur alla stregua di un mero canone di equivalenza – e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza gabellare, in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella B annessa al testo unico approvato con Dpr 23 dicembre 1978 n. 915, come sostituita dalla tabella A allega al Dpr 30 dicembre 1981 n. 834, rientrando nella discrezionalità del legislatore, compatibile con il principio di solidarietà e con il diritto a misure di assistenza sociale la previsione di una soglia minima di indennizzabilità del danno permanente alla salute nel caso di trattamenti sanitari non prescritti dalla legge o da provvedimenti dell’autorità sanitaria.
Pres. Vittoria; Rel. Amoroso; Pm (conf.) Iannelli
NOTA
Con tale sentenza le sezioni Unite compongono un contrasto di giurisprudenza manifestatosi nell’ambito delle sezioni semplici. In particolare mentre Cassazione, sentenza 4 maggio 2007 n. 10214 aveva affermato che in virtù di una lettura costituzionalmente orientata (in relazione ai parametri generali fissati negli articoli 2 e 32 della Costituzione) della normativa di tutela contenuta nella legge n. 210 del 1992 riferita ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusione ed emoderivati, l’indennizzo previsto da tale legge in favore dei suddetti soggetti - avente carattere assistenziale e non comparabile, perciò, con il risarcimento del danno - è dovuto in tutti i casi di lesione permanente dell’integrità psicofisica, cioè della salute come tale, indipendentemente dall’incidenza sulla capacità di produzione di reddito, con la conseguenza che deve essere riconosciuto il diritto a percepirlo anche da parte del soggetto affetto da contagio Hcv (comportante sicuramente un danno permanente alla salute), pur senza sintomi e pregiudizi funzionali attuali, dovendosi intendere il richiamo alla tabella A annessa al Dpr n. 834 del 1981 quale prescrizione dei criteri di massima finalizzati alla liquidazione. (Alla stregua dell’enunciato principio, tale pronuncia ha confermato l’impugnata sentenza di merito con la quale era stata riconosciuta la spettanza di detto indennizzo in favore di un soggetto che, a seguito di trasfusione, era rimasto affetto da cosiddetta epatite silente, come tale determinante un danno permanente alla salute, anche in virtù del regime di vita che tale patologia cronica lo avrebbe costretto a osservare, rimanendo irrilevante in proposito il richiamo alla suddetta tabella allegata al Dpr n. 834 del 1981 operato dal ricorrente ministero, influente invero ai soli fini dell’individuazione dei parametri di liquidazione dell’indennizzo stesso). Diversamente, Cassazione, sentenza 24 giugno 2008 n. 17158 aveva ritenuto, nel senso ora fatto proprio dalle sezioni Unite, che la normativa di tutela dettata dal combinato disposto dell’articolo 2, comma 1, e dall’articolo 4, comma 4, della legge n. 210 del 1992 riferita ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati, che prevede l’indennizzo in favore dei suddetti soggetti, non trova applicazione nei casi di lesioni pur permanenti dell’integrità psicofisica che non hanno però, in ragione dello stato quiescente dell’infermità, incidenza alcuna sulla capacità di produzione di reddito, con la conseguenza che non può essere riconosciuto il diritto a percepire il suddetto indennizzo da parte del soggetto affetto da contagio Hcv che, per non presentare sintomi e pregiudizi funzionali attuali stante l’assenza di citolisi epatica in atto, è portatore di una infermità non rientrante in alcuna delle categorie richiamate dalla tabella A annessa al Dpr n. 834 del 1981 (cit. Guida diritto n. 22/2010).