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Notiziario online – news letter n. 6
Cassazione Sezione I, sentenza 8 marzo 2010 n. 5505 - Pres.
Azione revocatoria - Vendita di beni da parte dell’imprenditore poi fallito - Al fine di pagare un creditore privilegiato - Violazione della parcondicio - ammissibilità.
(Rd 267/1942, articolo 67)
Ai fini della revoca della vendita di propri beni, effettuata dall’imprenditore, poi fallito entro un anno, ai sensi dell’articolo 67, comma secondo, della legge fallimentare, l’ eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum , ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all’uscita del bene dalla massa conseguente all’atto di disposizione. In tale contesto, dunque, grava sul curatore il solo onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell’acquirente. Detto principio resta valido anche nel caso in cui il prezzo ricavato dalla vendita sia stato utilizzato dall’imprenditore, poi fallito, per pagare un suo creditore privilegiato poiché ciò non esclude la possibile lesione della par condicio , né fa venir meno l’interesse all’azione da parte del curatore, poiché solo a seguito del riparto dell’attivo che si potrà verificare se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che successivamente all’esercizio dell’azione revocatoria potrebbero insinuarsi.
Srl
NOTA
In tema di revoca ex articolo 67, comma 2, della legge fallimentare va ricordato che un vecchio orientamento giurisprudenziale riteneva che la revoca dell’atto oneroso era subordinata all’effettiva ricorrenza di un danno, in concreto, per la massa, vincibile con la prova contraria della sua insussistenza nel caso concreto (Cassazione 7649/87 e 5857/88). Successivamente, però, la Corte ha modificato detto indirizzo affermando che il danno subito dalla massa è «in re ipsa», cioè presunto in via assoluta, consistendo nella pura e semplice lesione della «par condicio creditorum» (Cassazione 9908/96, 403/2001 e 17189/2003). A seguito dell’intervento delle sezioni Unite, con la sentenza 7028/2006, si è dato seguito a quest’ultimo orientamento osservando che presupposto oggettivo della revocatoria non è rintracciabile nella nozione di danno, quale emerge dagli istituti ordinari dell’ordinamento, bensì nella specialità del sistema fallimentare, ispirato al principio della «par condicio creditorum», e pertanto il danno consiste nel puro e semplice fatto della lesione di detto principio, ricollegata, con presunzione legale assoluta, al compimento di un atto vietato nel periodo indicato dal legislatore.
Corte di cassazione - Sezioni Unite civili - Sentenza 2 febbraio-18 marzo 2010 n. 6538
Revocabile il pagamento del terzo dichiarato fallito se non ne ha tratto concreti vantaggi patrimoniali Il riconoscimento degli interessi sulle somme resta subordinato ad apposita domanda
LA MASSIMA Fallimento - Azione revocatoria fallimentare - Adempimento del debito da parte del terzo - Rapporti con le parti - Rilevanza - Possibilità di stabilire, ai fini dell'accoglimento della domanda revocatoria del pagamento, l'onerosità o la gratuità dell'atto revocando in base a regole prefissate - Esclusione - Valutazione della causa del negozio giuridico posto in essere e dell'utilità concreta ottenuta dal terzo - Necessità. (Rd 16 marzo 1942 n. 267, articolo 64; Cc, articolo 1180) In tema di revocatoria fallimentare di atti a titolo gratuito, ai sensi dell'articolo 64 della legge fallimentare, la valutazione di gratuità od onerosità di un negozio va compiuta con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dallo scopo pratico del negozio, e cioè dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato; per cui la relativa classificazione non può più fondarsi sulla esistenza o meno di un rapporto sinallagmatico e corrispettivo tra le prestazioni sul piano tipico ed astratto, ma dipende necessariamente dall'appezzamento dell'interesse sotteso all'intera operazione da parte del solvens, quale emerge dall'entità dell'attribuzione, dalla durata del rapporto, dalla qualità dei soggetti e soprattutto dalla prospettiva di subire un depauperamento collegato o non collegato ad un sia pur indiretto guadagno o a un risparmio di spesa. Procedimento civile - Interessi legali sulla somma da restituire in sede di azione revocatoria - Fondamento rispetto alla domanda principale - È autonomo - Possibilità di ritenere tempestiva la domanda di corresponsione degli interessi legali contenuta nella comparsa conclusionale - Non sussiste. (Cc, articoli 1224 e 1282; Cpc, articoli 99 e 112) Gli interessi sulla somma da restituirsi da parte del soccombente hanno un fondamento autonomo rispetto all'obbligazione pecuniaria cui accedono e, pertanto, possono essere attribuiti solo su espressa domanda della parte, che non può essere avanzata per la prima volta nella comparsa conclusionale.
Secondo un primo orientamento il pagamento di un debito altrui rappresenta, per colui che adempie, sempre un atto non oneroso dal momento che il soggetto è estraneo al rapporto negoziale originario La soluzione prescelta dalle sezioni Unite è la più ossequiosa dello scopo della legge dovendosi escludere dal novero della rilevanza degli interessi acquisibili dal terzo, quello meramente morale L'azione revocatoria fallimentare può essere esperita anche in presenza di un procedimento penale in corso per bancarotta fraudolenta a carico dell'amministratore e di alcuni componenti del consiglio di amministrazione