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Notiziario on line – news letter n.26


SICUREZZA SUL LAVORO: LA RESPONSABILITA' "OGGETTIVA" DEL DATORE DEL LAVORO
In un giudizio di responsabilità per la morte conseguente all'improvvisa chiusura del cassone ribaltabile di un autocarro che l'operaio aveva sollevato per eseguire i lavori di manutenzione, la S.C. di Cassazione, Sezione terza civile, con sentenza 14 gennaio – 25 febbraio 2008, n. 4718, Presidente Varrone, Relatore Lanzillo , ha chiarito che L'art. 82 del d.p.r. 27 marzo 1955 in tema di prevenzione degli incidenti sul lavoro, secondo cui le macchine, durante le operazioni.. che richiedono che il "lavoratore si introduca in esse o sporga qualche parte del corpo fra organi che possono entrare in movimento.. devono essere provviste di dispositivi che assicurino in modo assoluto la posizione di fermo" configura "(anche) una responsabilità oggettiva ..dovendo gravare sull'impresa, e non sui lavoratori o sui terzi, il rischio inerente all'eventuale pericolosità dei macchinari di cui essa si avvalga, per l'esercizio della sua attività e nel suo interesse.
A parere della Corte "Solo la responsabilità oggettiva, infatti, garantisce una certa efficacia dissuasiva dall'uso di mezzi o attrezzature pericolose, facendo gravare i costi degli incidenti sull'impresa che tali mezzi utilizza, anziché sui lavoratori o sui terzi danneggiati".
Sicche', secondo la Corte, ai fini dell'esonero da responsabilità, il datore di lavoro "deve fornire la prova di avere impartito al dipendente l’espresso divieto di provvedere di persona ai lavori pericolosi; ovvero di averlo istruito circa le modalità con cui provvedere a detti lavori e di avergli illustrato i pericoli "rendendolo edotto della eventuale mancanza di mezzi tecnici idonei ad evitarli in modo assoluto, "come prescritto dall'art. 4 lett. b) e c) d.p.r. 547, secondo cui il datore di lavoro deve rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza le norme essenziali di prevenzione, disponendo ed esigendo che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione(lett. c)".


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LA CONTRAVVENZIONE STRADALE E' NULLA SE IL VIGILE URBANO NON RISULTI EFFETTIVAMENTE IN SERVIZIO Può un agente in abiti civili e fuori dal servizio di vigilanza che si trovi a bordo della propria autovettura nel flusso del traffico, elevare una contravvenzione stradale? Rigettando la tesi del Comune secondo cui occorre distinguere la funzione di polizia locale , per la quale l'articolo 4 legge 65/1965 prescrive determinati limiti, fra i quali l'obbligo dell'uniforme, dalle altre funzioni di polizia giudiziaria , stradale e di pubblica sicurezza di cui all'articolo 5, per le quali "gli agenti di polizia municipale sono sempre in servizio ..indipendentemente dal fatto che indossino o meno l'uniforme", la S.C. di Cassazione, Sezione seconda, con sentenza 5 luglio 2007 – 03 marzo 2008, n. 5771, Presidente Pontorieri, Relatore Mazziotti Di Celso , ha ribadito che "ai sensi dell'art. 57 cod. proc. civ., gli appartenenti alla Polizia Municipale hanno la qualifica di agenti di polizia giudiziaria soltanto nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e limitatamente al tempo in cui sono in servizio e ciò a differenza di altri corpi (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, ecc.) i cui appartenenti operano su tutto il territorio nazionale e sono sempre in servizio. Il riconoscimento di tale qualifica è quindi subordinata alla limitazione spaziale che i detti agenti si trovino nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza ed alla condizione che siano effettivamente in servizio ( sentenza 13/4/2001 n. 5538 ).