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La relazione genitori-figli nei primi anni di vita



LA RELAZIONE GENITORI-FIGLI NEI PRIMI ANNI DI VITA



Con la nascita di un bambino l’intero sistema familiare subisce uno squilibrio di ruoli, gesti, comportamenti e soprattutto apporta a sé cariche emotive ed affettive molto intense. Il clima che si viene a creare è del tutto nuovo specialmente per la coppia che ha appena avuto il suo primo bambino: da questo momento in poi essi, infatti, andranno ad allargare il loro nucleo familiare costituendo una vera e propria “famiglia”.


Da ora la coppia calerà momentaneamente tutte le sue energie nel nuovo “essere genitori”, in una fase di transizione e completamento reciproco, dove i vecchi confini si vanno modificando e le stesse scelte riprogrammate e ridefinite.


Il ruolo di genitore occuperà la maggior parte delle loro fantasie, paure e desideri, in un’atmosfera di intensa intimità e sovraccarica emozionale, dove la razionalità riuscirà ben poco a influenzare e dirigere tale momento. È, infatti, grazie a questa energia che la giovane coppia intraprende il viaggio della propria maturazione, racchiudendo le difficoltà dentro all’entusiasmo della novità. Questa carica è sicuramente fondamentale e necessaria nelle fasi preparatorie e iniziali del percorso, perché costituisce la risorsa di base per la creazione e il sostentamento della loro avventura, anche se una certa dose di responsabilità e concretezza vanno aggiunte e mescolate in seguito, per poter dare vita e forma alla costituzione delle figure genitoriali.


Il diventare genitori comporta, infatti, oltre che a delle gioie anche delle difficoltà di base, che molto spesso vengo lasciate in disparte perché ritenute superflue e non opportune. Tra queste difficoltà c’è la necessità di ridimensionare l’intimità della coppia, indispensabile per permettere ad un nuovo membro di poter entrare a fare parte del sistema. Molto spesso, però, la coppia non si sofferma su questo “sacrificio”, ritenendolo ovvio e poco importante: non valorizzandolo quando esso costitutiva e caratterizzava il loro affiatamento di base. È così che il bimbo fa la sua entrata oltrepassando i confini della coppia, nell’incosapevolezza dei due adulti, che arriveranno un giorno, quando il figlio sarà abbastanza autonomo per lasciarli, a domandarsi cosa mai sia successo all’interno della fluidità e funzionalità della loro intesa, come se avessero sperato ed immaginato che una volta rimasti nuovamente in due, tutto potesse ritornare come prima all’interno della loro relazione.


L’importanza di preservare la coppia all’interno della famiglia ha i suoi vantaggi nello stesso sviluppo dei figli, che in questa maniera avranno l’opportunità di crescere liberi e in pace da pesi e conflitti non di loro responsabilità, riuscendo ad emergere come persone autonome e interdipendenti alla vita. È per questo che è molto importante comprendere la logica e la passione di fondo che la base genitoriale riveste nella vita dei figli: “la relazione fondamentale in una famiglia è”, infatti, “quella tra il padre e la madre. La forza necessaria per svolgere bene il ruolo di genitori deriva dal rapporto di coppia” (Hellinger, 2002).


I primi anni di vita del proprio bambino sono caratterizzati da intense emozioni, sia nel vedere i progressi che egli fa, sia nel sperimentarsi genitori con tutta la responsabilità che questo comporta. Ed è proprio questo senso di responsabilità che rende tale ruolo intenso e diverso da tutte le altre esperienze che la vita può offrire: esso nasce dal legame indelebile che unisce genitori e figli in una relazione dove l’empatia e l’ascolto reciproco si accompagnano alla guida e al sostegno proveniente dall’adulto e diretto alla salvaguardia e al benessere del bambino.


È attraverso pochi ed essenziali ingredienti che una relazione genitori-figli può gettare, durante i suoi primi anni di vita, le basi sufficienti per una crescita sana e stimolante.


All’inizio sembra sempre molto difficile relazionarsi e comunicare con bambini di tenera età. Quello che spesso blocca è una scarsa fiducia che riponiamo nella nostra capacità di comprendere i loro messaggi. Essi infatti possiedono una modalità di esprimersi molto semplice e concreta, in quanto a stretto contatto con le proprie tendenze e bisogni primari. Per favorire la reciproca comprensione l’ingrediente è estremamente sottile ed elementare, ma proprio per questo di difficile immediatezza. Imparando ad ascoltare prima noi stessi e i nostri bisogni, ci sarà più facile entrare a contatto con un bambino non ancora in grado di comunicare verbalmente con noi. Egli ha una modalità di risposta legata principalmente ad un senso emotivo e istintivo, che produce un impatto sull’ambiente molto intenso e immediato che spesso ci distrae dal vero messaggio che vuol far passare. Ma se ci allontaniamo dalla paura di non comprenderlo immediatamente, e ci diamo il tempo di entrare nella sua stessa linea d’onda, sperimenteremo una diversa modalità di relazionarci a lui, molto più naturale e vicina al suo stesso mondo. Avvicinandoci in questo modo procederemo verso lo “sviluppare un rapporto caldo e intimo basato sull’amore e sul rispetto reciproco” (Gordon, 1997).


La logica che sostiene ed avvia ad una buona relazione genitori-figli, non si trova in teorie complesse o regole familiari elaborate, ma “nei sentimenti più profondi di amore e di affetto per i figli, e si dimostra semplicemente, attraverso l’empatia e la comprensione” (Gottman, 1997). Una buona educazione deriva, quindi, dalla capacità dei genitori di crescere a piccoli passi con i propri figli, nello stare accanto a loro nei momenti in cui la tensione emotiva diventa di difficile gestione per loro, quando cioè la rabbia, la tristezza o la paura colpiscono i loro stati d’animo. “L’essere genitori consiste nell’ esserci in modo particolare, quando esserci conta davvero” (Gottman, 1997).


È sulla base di una sana comunicazione e solidità emotiva che lo sviluppo più fluire verso il suo completamento. Un ambiente rilassato e uno stile educativo autorevole permette al bambino di sentire quella libertà e quella sicurezza atta al perseguimento della propria autonomia e definizione ricordando che per crescere essi hanno bisogno di “essere sorretti da un sentimento profondo di fiducia, alimentato da un’accettazione senza riserve, dalla garanzia di sentirsi amati per ciò che sono e non per ciò che dovrebbero essere”. (Vegetti Finzi, 1994)




scritto da Michela Roman. E' vietata la riproduzione anche parziale del testo.