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Anoressia e Bulimia Nervosa, i disagi moderni



ANORESSIA E BULIMIA NERVOSA, I DISAGI MODERNI



L’anoressia nervosa e la bulimia nervosa fanno ormai parte del nostro linguaggio comune, chiunque oggi ne ha sentito parlare o conosce una persona che ne ha sofferto. Sono soprattutto i Paesi occidentali che presentano la maggior incidenza di persone affette da tali patologie. Si può dire, infatti, che siano diventate le malattie della nostra epoca, e non a caso le nazioni in cui si registra la maggior rilevanza sono proprio quelle in cui si pubblicizzano corpi femminili sempre più magri quali presupposti di successo e felicità.


L’anoressia e la bulimia, proprio su questo filone, riflettono usi e costumi di una particolare era culturale, che a partire dalla fine del ‘900, ha modificato target, scopi e valori sociali, “inventando” così le “nuove patologie”.


“Proprio come l’isteria costituiva un sintomo tipico dei suoi tempi, che dava espressione, in una forma compatibile con il contesto culturale del tardo Ottocento, alla crisi d’identità femminile, così oggi in un periodo di grandi cambiamenti culturali per la donna, i disturbi dell’alimentazione sono assurti a espressione critica dei dilemmi della sua identità” (Gordon, 1991).


La stessa Kim Chernim, nota psicoanalista e femminista americana, afferma come secondo lei l’anoressia nervosa è una conseguenza della continua lotta maschile di controllare e manipolare l’emancipazione femminile e la sua naturale essenza. L’attuale diffusione delle patologie alimentari può, in questo senso, essere vista come un riflesso della difficoltà femminile a ritrovare una propria identità, distinta dal modello maschilista.


Quello che più distingue i pazienti affetti da anoressia nervosa è la loro ostinazione a mantenere un peso corporeo al di sotto di quello minimo normale, in riferimento all’età e all’altezza. E’ considerato sottopeso una persona che ha un peso corporeo al di sotto dell’85% del peso normale.


La perdita di peso è principalmente raggiunta limitando l’apporto calorico e la quantità di cibo durante i pasti. L’iniziale restrizione comincia con lievi rinunce dei cibi considerati ipercalorici, per poi arrivare ad una dieta alimentare rigidamente limitata a pochi cibi. Nella maggioranza dei casi oltre a questo controllo alimentare si aggiungono dei comportamenti compensatori, ovvero delle condotte volte a eliminare il cibo o le calorie considerate in eccesso, per mantenere il peso o addirittura per perderne ulteriormente. Con l’andare del tempo, questa continua attenzione per gli alimenti portano la persona verso un’intensa paura di aumentare di peso, anche in presenza di un corpo magro o emancipato: maggiore e duratura è la restrizione e maggiore risulterà la preoccupazione e la ricerca di magrezza.


Nonostante gli effetti visivi del rifiuto ad alimentarsi, persiste un atteggiamento di rigidità e di forte negazione verso la gravità del problema. Ciò che peggiora il loro stato di inedia è la distorta percezione che hanno del loro aspetto fisico e del loro peso corporeo, arrivando addirittura a vederlo come deforme ed eccessivamente grasso. Da qui l’inizio di un devastante circolo vizioso: l’aspetto “ciccione” aumenta nuovamente la ricerca della magrezza e i successivi cali ponderali, che vanno ad incrementare il loro livello di autostima, rinforzano ulteriormente la perdita di altro peso.


LA Bulimia Nervosa, invece, è caratterizzata dalla presenza di abbuffate compulsive, che si manifestano periodicamente almeno per due volte la settimana, per un periodo non inferiore ai tre mesi; seguite da comportamenti compensatori, volti all’eliminazione delle calorie ingerite in eccesso e alla prevenzione di un eventuale aumento di peso.


Per abbuffata si intende un anomalo ed eccessivo consumo di cibo in un definito periodo di tempo (es. due ore), dove per “ definito periodo di tempo ” si intende un periodo limitato e circoscritto, durante il quale il soggetto mangia più di quello che la maggior parte delle persone riuscirebbe a mangiare in circostanze simili. Durante questi episodi il soggetto prova una forte sensazione di perdita di controllo, dove non viene percepita nessuna alternativa o possibilità di fermarsi oltre che continuare a mangiare.


I comportamenti di compenso che seguono le abbuffate possono essere diversi. Il più frequente è il vomito autoindotto, presente nell’80-90% dei casi.


Queste sono le due principali diagnosi di “disturbi alimentari”, che si possono accumunare per sintomi e comportamenti manifesti, ma quello che trovo molto importante è conoscere queste ragazze nel loro intimo e nei loro desideri. Le loro storie, apparentemente uguali, mostrano interfacce diverse, con toni e intensità propri della loro vita ed esperienza; solo se per un attimo le lasciamo raccontarsi. Immancabilmente ci dimostrano come ognuna di loro possieda una legenda propria dei segni sintomatici che mostrano al mondo esterno. Una volta entrati all’interno della loro storia, infatti, nulla più accomuna le una alle altre, tutte sono indipendentemente uniche e speciali. È in questo senso che bisogna dar voce ai loro modi di percepirsi e di esprimersi, come se stessero, nel qui e ora, spiegando a noi terapeuti come è stata la loro vita e come esse immaginano debba finire, ma poiché nulla sta fermo, salvo il modo in cui ce lo immaginiamo e tutti noi viviamo nel punto di transizione tra l’attimo presente e quello immediatamente successivo, ciò che dovremmo avvalorare e riconoscere è proprio questo inevitabile movimento, anche quando la paziente non è ancora in grado di scorgerlo (Polster, 1987).

scritto da Michela Roman. E' vietata la riproduzione anche parziale del testo.