L'accertmento Psicologico-Forense
- danni conseguenti a un reato, si tratta dell'art. 185 [4] c.p. che prevede la risarcibilità del danno patrimoniale e non patrimoniale conseguente a reato;
- danni derivanti dalla privazione della libertà personale cagionati dall'esercizio di funzioni giudiziarie (Legge n. 117/1998, art. 21.);
- danni derivanti dall’impiego di modalità illecite nella raccolta di dati personali (art 29, comma 9, 1. n. 675/1996);
- danni derivanti dall’adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi (art. 44, comma 7, d.lgs. n. 286/1998)
- danni derivanti dal mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo (art. 21. n. 89/2001)
Al di fuori dei casi determinati dalla legge, la tutela è estesa solo ai danni derivanti dalla lesione dei diritti costituzionali. Per effetto di tale estensione, vanno ricondotti nell'ambito dell'art. 2059 del Codice Civile:
- il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.)
- il danno da lesione dei diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.)
- il danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all'immagine, al nome, alla riservatezza, diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità (artt. 2 e 3 Cost.)
E’ possibile, dunque, ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale solo se viene accertata la lesione di un diritto inviolabile della persona, ossia deve sussistere una ingiustizia costituzionalmente qualificata. Non tutti i pregiudizi non patrimoniali possono essere risarciti, ma soltanto quelli che realizzano un’ingiustizia costituzionalmente qualificata.
I giudici di Piazza Cavour pongono l’accento sulla “gravità dell’offesa” affermando che essa “ costituisce requisito ulteriore per l'ammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili. Il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza. Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile. Pregiudizi connotati da futilità ogni persona inserita nel complesso contesto sociale li deve accettare in virtù del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.). Entrambi i requisiti devono essere accertati dal giudice secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico” [5] .
Con questa formula la Cassazione intende individuare ed escludere le questioni risarcitorie in cui il danno conseguenziale è futile o irrisorio. E’ stato necessario chiarire questo aspetto poiché sono proliferate, negli ultimi anni, le richieste di risarcimento per liti bagatellari e superflue:
- vi sono stati casi in cui è stato chiesto il ristoro per pregiudizi futili: non poter più urlare allo stadio, la rottura del tacco di una scarpa da sposa, l'errato taglio di capelli, l'attesa stressante in aeroporto, il mancato godimento della partita di calcio per televisione determinato dal black-out elettrico. In tal modo si risarcivano pregiudizi di dubbia serietà, a prescindere dall'individuazione dell'interesse leso, e quindi del requisito dell'ingiustizia;
- oppure per offese che arrecavano danni privi di gravità come avviene nel caso del graffio superficiale dell'epidermide, del mal di testa per una sola mattinata conseguente ai fumi emessi da una fabbrica, dal disagio di poche ore cagionato dall'impossibilità di uscire di casa per l'esecuzione di lavori stradali di pari durata.
E’ essenziale, quindi, per un risarcimento del danno non patrimoniale:
Un’altra definizione importante, da parte dei giudici della Cassazione, è stata quella relativa al fatto che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce “danno conseguenza” e che deve essere allegato e provato. E’ stata disattesa, quindi, la tesi che identificava il danno con l'evento dannoso, parlando di "danno evento". La Cassazione esplicita che gli strumenti che il giudice ha disposizone per poter valutare il danno non patrimoniale e dare fondamento alle sue motivazioni sono:
- l'accertamento medico-legale
- i documenti
- l e testimonianze
- le nozioni di comune esperienza
- le presunzioni.
Il danneggiato avrà l’onere di allegare tutti gli elementi che possano essere idonei per una corretta valutazione del danno. Per quanto concerne l’accertamento medico-legale la Cassazione afferma che “ si tratta del mezzo di indagine al quale correntemente si ricorre, ma la norma non lo eleva a strumento esclusivo e necessario ”, affermando che “ è nei poteri del giudice disattendere, motivatamente, le opinioni del consulente tecnico, del pari il giudice potrà non disporre l'accertamento medico- legale, non solo nel caso in cui l'indagine diretta sulla persona non sia possibile (perchè deceduta o per altre cause), ma anche quando lo ritenga, motivatamente, superfluo, e porre a fondamento della sua decisione tutti gli altri elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze), avvalersi delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni” [6]
La sentenza parla espressamente della valutazione medico-legale, ignorando ancora una volta l’esistenza della figura dello psicologo forense; sembra (apparentemente) che anche questa volta la giurisprudenza si sia dimenticata del contributo della psicologia nella valutazione del danno non patrimoniale (danno psichico, danno morale ed esistenziale); forse questa dimenticanza nasce dal fatto che, nonostante la psicologia abbia alle spalle secoli di storia, la legislatura italiana si è occupata solo recentemente di questa categoria professionale, solo nel 1989 con la legge n. 56 relativa all’ordinamento della professione di psicologo. Infatti, la legge n. 56/1989 istituì l’albo professionale e definì le competenze dello psicologo, dando l’avvio ad un processo nel quale la psicologia è riuscita a costruire un’immagine sempre più credibile di sé come disciplina. Infine, la sentenza che ha definitivamente riconosciuto il danno biologico di natura psichica risale al 1986 (Corte Costituzionale sent. n. 184 del 14 luglio 1986), mentre, come è stato appena detto, la professione dello psicologo fu ufficialmente instituita tre anni dopo. Quando nel 1986 la figura del danno psichico venne definitivamente affermata, l’unica figura professionale riconosciuta che poteva svolgere valutazioni diagnostiche era quella medica, ciò, però, fino al 1989, anno in cui la legge n. 56, istituendo l’Albo Professionale, affermava che tra le competenze dello psicologo vi era (e vi è tutt’ora) la diagnosi, ossia la diagnosi psicologica e psicopatologica. C’è da dire inoltre che da quando l’Ordine Nazionale degli Psicologi è stato istituito, è sempre stato sotto l’alta la vigilanza del Ministero di Grazia e Giustizia, e solo negli ultimi mesi (con la conversione in Legge del cosiddetto “Decreto Milleproroghe” D.L. 248/2007) [7] , finalmente, vi è stato il passaggio al Ministero della Salute, riconoscendo, così, la professione di psicologo come professione sanitaria. Ritornando alla sentenza in questione si legge che l’accertamento medico-legale “ è un mezzo di indagine al quale correntemente si ricorre, ma la norma non lo eleva a strumento esclusivo e necessario ” [8] . L’accertamento medico-legale, dunque, NON E’ UNO STRUMENTO ESCLUSIVO e necessario nella valutazione del danno biologico; di conseguenza, è vero che la sentenza non parla esplicitamente della valutazione psicologica-forense ma non la esclude, anzi ne apre silenziosamente le porte.
La valutazione psicologica-forense pur non essendo espressamente citata nelle sentenze della Cassazione è, comunque, tacitamente presente; infatti il danno non patrimoniale costituisce un “danno conseguenza”, ossia un danno che deve essere allegato e provato dal danneggiato, il quale dovrà presentare tutti gli elementi necessari e utili alla valutazione del danno (tra cui l’accertamento psicologico-forense); inoltre, lo stesso giudice avvalendosi degli strumenti a sua disposizione potrà richiedere o utilizzare la consulenza psicologica-forense considerandola, a seconda delle circostanze, un vero e proprio accertamento o una prova documentale. In conclusione, il nuovo “danno non patrimoniale”, così come delineato dalla Cassazione, richiama il concetto di interdisciplinarietà e sottolinea la necessità di valutazioni collegiali: valutazioni in cui lo psicologo forense e il medico legale sono chiamati a interagire in un confronto paritario e interattivo.
Nella valutazione collegiale del danno non patrimoniale il medico-legale sarà chiamato ad accertare il danno biologico nella sua componente “fisica”, mentre lo psicologo forense sarà chiamato ad accertare le conseguenze di ordine psicopatologico (danno biologico di natura psichica), ma anche in assenza di una vera e propria piscopatologia potrà fornire indicazioni e valutazioni rispetto alla compromissione della personalità individuale, dell’assetto psicologico e del suo adattamento, ossia a ogni altro pregiudizio a carattere esistenziale non accertabile in termini medico-legali.
[1] Sezioni Unite della Cassazione, Sentenze nr. 26972, 26973, 26974, 26975
[2] L’art. 2043 del Codice Civile dispone che qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altrui un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno
[3] Sezioni Unite della Cassazione, Sentenze nr. 26972, 26973, 26974, 26975.
[4] Codice Penale, art. 185: “ Restituzione e Risarcimento del Danno. Ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili. Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui ”.
[5] Sezioni Unite della Cassazione, Sentenze nr. 26972, 26973, 26974, 26975.
[6] Sezioni Unite della Cassazione, Sentenze nr. 26972, 26973, 26974, 26975.
[8] Sezioni Unite della Cassazione, Sentenze nr. 26972, 26973, 26974, 26975.