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L'accertmento Psicologico-Forense

PRIME RIFLESSIONI SULL’ACCERTAMENTO PSICOLOGICO-FORENSE NELLA VALUTAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE ALLA LUCE DELLE SENTENZE A SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE SUL DANNO ESISTENZIALE (n° 26972, 26973, 26974, 26975)
di
Prof. Paolo Capri*
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Dott.sa Maria Emanuela Torbidone**
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*Presidente AIPG - Docente di Psicologia Giuridica, Università Europea di Roma - Comitato formazione Albo CTU e Periti Ordine Psicologi del Lazio
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**Psicologa Forense - Psicoterapeuta - Albo CTU Tribunale di Teramo - Componente Esperto AIPG
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PUBBLICATO SULLA NEWSLETTER N.35 DELL'AIPG - Ottobre/Dicembre 2008
Consultabile anche al seguente indirizzo:
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Le recenti sentenze (11 novembre 2008) gemelle della Cassazione sul Danno Esistenziale hanno definito il danno non patrimoniale una categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate, di conseguenza, dovranno essere abbandonate le sottocategorie del danno esistenziale e danno morale. Viene, quindi, realizzata una categoria omnicomprensiva all’interno della quale si collocano tutta una serie di danni relativi a lesioni di diritti inviolabili della persona umana.
La Cassazione elimina le categorie concettuali (danno morale, danno esistenziale) al fine di evitare duplicazioni di voci risarcitorie nonché risarcimenti inerenti a danni bagatellari. Accoglie l’idea di un unico danno non patrimoniale che si identifica con il “ danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica ” [1] .
La Cassazione ribadisce che il risarcimento del danno non patrimoniale postula la verifica della sussistenza degli elementi nei quali si articola l'illecito civile extracontrattuale definito dal Codice Civile art. 2043 [2] , ed afferma che “ l'art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge, nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell'illecito civile, che si ricavano dall'art. 2043 c.c. (e da altre norme, quali quelle che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva), elementi che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato quest'ultimo dall'ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue (danno-conseguenza) [3] .
Con queste sentenze la Cassazione, fornisce una rilettura costituzionalmente orientata dell'art. 2959 c.c., e riporta il sistema della responsabilità nell'ambito della bipolarità: danno patrimoniale e danno non patrimoniale. Essa afferma che, al di fuori dei casi determinati dalla legge, la tutela è estesa solo ai casi di danno prodotti dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione. I casi di risarcimento dei danni non patrimoniali previsti dalla legge sono:
  • danni conseguenti a un reato, si tratta dell'art. 185 [4] c.p. che prevede la risarcibilità del danno patrimoniale e non patrimoniale conseguente a reato;
  • danni derivanti dalla privazione della libertà personale cagionati dall'esercizio di funzioni giudiziarie (Legge n. 117/1998, art. 21.);
  • danni derivanti dall’impiego di modalità illecite nella raccolta di dati personali (art 29, comma 9, 1. n. 675/1996);
  • danni derivanti dall’adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi (art. 44, comma 7, d.lgs. n. 286/1998)
  • danni derivanti dal mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo (art. 21. n. 89/2001)

Al di fuori dei casi determinati dalla legge, la tutela è estesa solo ai danni derivanti dalla lesione dei diritti costituzionali. Per effetto di tale estensione, vanno ricondotti nell'ambito dell'art. 2059 del Codice Civile:

  • il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.)
  • il danno da lesione dei diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.)
  • il danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all'immagine, al nome, alla riservatezza, diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità (artt. 2 e 3 Cost.)

E’ possibile, dunque, ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale solo se viene accertata la lesione di un diritto inviolabile della persona, ossia deve sussistere una ingiustizia costituzionalmente qualificata. Non tutti i pregiudizi non patrimoniali possono essere risarciti, ma soltanto quelli che realizzano un’ingiustizia costituzionalmente qualificata.

I giudici di Piazza Cavour pongono l’accento sulla “gravità dell’offesa” affermando che essa “ costituisce requisito ulteriore per l'ammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili. Il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza. Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile. Pregiudizi connotati da futilità ogni persona inserita nel complesso contesto sociale li deve accettare in virtù del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.). Entrambi i requisiti devono essere accertati dal giudice secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico” [5] .

Con questa formula la Cassazione intende individuare ed escludere le questioni risarcitorie in cui il danno conseguenziale è futile o irrisorio. E’ stato necessario chiarire questo aspetto poiché sono proliferate, negli ultimi anni, le richieste di risarcimento per liti bagatellari e superflue:

  • vi sono stati casi in cui è stato chiesto il ristoro per pregiudizi futili: non poter più urlare allo stadio, la rottura del tacco di una scarpa da sposa, l'errato taglio di capelli, l'attesa stressante in aeroporto, il mancato godimento della partita di calcio per televisione determinato dal black-out elettrico. In tal modo si risarcivano pregiudizi di dubbia serietà, a prescindere dall'individuazione dell'interesse leso, e quindi del requisito dell'ingiustizia;
  • oppure per offese che arrecavano danni privi di gravità come avviene nel caso del graffio superficiale dell'epidermide, del mal di testa per una sola mattinata conseguente ai fumi emessi da una fabbrica, dal disagio di poche ore cagionato dall'impossibilità di uscire di casa per l'esecuzione di lavori stradali di pari durata.

E’ essenziale, quindi, per un risarcimento del danno non patrimoniale:

  • la lesione di un diritto inviolabile della persona, ossia deve sussistere una ingiustizia costituzionalmente qualificata;
  • il diritto deve essere leso oltre una certa soglia minima, ossia deve eccedere una certa soglia di offensività;
  • la lesione del diritto deve cagionare un pregiudizio grave, ossia deve essere presente una significativa serietà del danno.
  • Un’altra definizione importante, da parte dei giudici della Cassazione, è stata quella relativa al fatto che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce “danno conseguenza” e che deve essere allegato e provato. E’ stata disattesa, quindi, la tesi che identificava il danno con l'evento dannoso, parlando di "danno evento". La Cassazione esplicita che gli strumenti che il giudice ha disposizone per poter valutare il danno non patrimoniale e dare fondamento alle sue motivazioni sono:

    • l'accertamento medico-legale
    • i documenti
    • l e testimonianze
    • le nozioni di comune esperienza
    • le presunzioni.

    Il danneggiato avrà l’onere di allegare tutti gli elementi che possano essere idonei per una corretta valutazione del danno. Per quanto concerne l’accertamento medico-legale la Cassazione afferma che “ si tratta del mezzo di indagine al quale correntemente si ricorre, ma la norma non lo eleva a strumento esclusivo e necessario ”, affermando che “ è nei poteri del giudice disattendere, motivatamente, le opinioni del consulente tecnico, del pari il giudice potrà non disporre l'accertamento medico- legale, non solo nel caso in cui l'indagine diretta sulla persona non sia possibile (perchè deceduta o per altre cause), ma anche quando lo ritenga, motivatamente, superfluo, e porre a fondamento della sua decisione tutti gli altri elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze), avvalersi delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni” [6]

    La sentenza parla espressamente della valutazione medico-legale, ignorando ancora una volta l’esistenza della figura dello psicologo forense; sembra (apparentemente) che anche questa volta la giurisprudenza si sia dimenticata del contributo della psicologia nella valutazione del danno non patrimoniale (danno psichico, danno morale ed esistenziale); forse questa dimenticanza nasce dal fatto che, nonostante la psicologia abbia alle spalle secoli di storia, la legislatura italiana si è occupata solo recentemente di questa categoria professionale, solo nel 1989 con la legge n. 56 relativa all’ordinamento della professione di psicologo. Infatti, la legge n. 56/1989 istituì l’albo professionale e definì le competenze dello psicologo, dando l’avvio ad un processo nel quale la psicologia è riuscita a costruire un’immagine sempre più credibile di sé come disciplina. Infine, la sentenza che ha definitivamente riconosciuto il danno biologico di natura psichica risale al 1986 (Corte Costituzionale sent. n. 184 del 14 luglio 1986), mentre, come è stato appena detto, la professione dello psicologo fu ufficialmente instituita tre anni dopo. Quando nel 1986 la figura del danno psichico venne definitivamente affermata, l’unica figura professionale riconosciuta che poteva svolgere valutazioni diagnostiche era quella medica, ciò, però, fino al 1989, anno in cui la legge n. 56, istituendo l’Albo Professionale, affermava che tra le competenze dello psicologo vi era (e vi è tutt’ora) la diagnosi, ossia la diagnosi psicologica e psicopatologica. C’è da dire inoltre che da quando l’Ordine Nazionale degli Psicologi è stato istituito, è sempre stato sotto l’alta la vigilanza del Ministero di Grazia e Giustizia, e solo negli ultimi mesi (con la conversione in Legge del cosiddetto “Decreto Milleproroghe” D.L. 248/2007) [7] , finalmente, vi è stato il passaggio al Ministero della Salute, riconoscendo, così, la professione di psicologo come professione sanitaria. Ritornando alla sentenza in questione si legge che l’accertamento medico-legale “ è un mezzo di indagine al quale correntemente si ricorre, ma la norma non lo eleva a strumento esclusivo e necessario [8] . L’accertamento medico-legale, dunque, NON E’ UNO STRUMENTO ESCLUSIVO e necessario nella valutazione del danno biologico; di conseguenza, è vero che la sentenza non parla esplicitamente della valutazione psicologica-forense ma non la esclude, anzi ne apre silenziosamente le porte.

    La valutazione psicologica-forense pur non essendo espressamente citata nelle sentenze della Cassazione è, comunque, tacitamente presente; infatti il danno non patrimoniale costituisce un “danno conseguenza”, ossia un danno che deve essere allegato e provato dal danneggiato, il quale dovrà presentare tutti gli elementi necessari e utili alla valutazione del danno (tra cui l’accertamento psicologico-forense); inoltre, lo stesso giudice avvalendosi degli strumenti a sua disposizione potrà richiedere o utilizzare la consulenza psicologica-forense considerandola, a seconda delle circostanze, un vero e proprio accertamento o una prova documentale. In conclusione, il nuovo “danno non patrimoniale”, così come delineato dalla Cassazione, richiama il concetto di interdisciplinarietà e sottolinea la necessità di valutazioni collegiali: valutazioni in cui lo psicologo forense e il medico legale sono chiamati a interagire in un confronto paritario e interattivo.

    Nella valutazione collegiale del danno non patrimoniale il medico-legale sarà chiamato ad accertare il danno biologico nella sua componente “fisica”, mentre lo psicologo forense sarà chiamato ad accertare le conseguenze di ordine psicopatologico (danno biologico di natura psichica), ma anche in assenza di una vera e propria piscopatologia potrà fornire indicazioni e valutazioni rispetto alla compromissione della personalità individuale, dell’assetto psicologico e del suo adattamento, ossia a ogni altro pregiudizio a carattere esistenziale non accertabile in termini medico-legali.


    [1] Sezioni Unite della Cassazione, Sentenze nr. 26972, 26973, 26974, 26975

    [2] L’art. 2043 del Codice Civile dispone che qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altrui un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno

    [3] Sezioni Unite della Cassazione, Sentenze nr. 26972, 26973, 26974, 26975.

    [4] Codice Penale, art. 185: “ Restituzione e Risarcimento del Danno. Ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili. Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui ”.

    [5] Sezioni Unite della Cassazione, Sentenze nr. 26972, 26973, 26974, 26975.

    [6] Sezioni Unite della Cassazione, Sentenze nr. 26972, 26973, 26974, 26975.

    [7] Con di Decreto Milleprorohe (D.L. 248/2007) è stato inserito l'Art. 24 sexies che contiene due commi di notevole interesse per la categoria professionale degli psicologi: • nel primo comma viene definitivamente riconosciuta l'equipollenza del titolo di Psicoterapia rilasciato da scuola private al titolo specialistico universitario ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici. Questo aspetto era già stato ribadito più volte dal Ministero della Salute con varie circolari, ma era stato messo in dubbio da diversi Tribunali Amministrativi Regionali che non riconoscevano tale equipollenza. Questa questione ora è definitivamente risolta. • nel secondo comma è inserita una modifica dell'Art. 29 della legge 56/1989 che stabilisce il passaggio dell'Ordine degli Psicologi dall’alta vigilanza del Ministero della Giustizia all’alta vigilanza del Ministero della Salute. Articolo di Legge: Art. 24-sexies (Equiparazione di titoli ai fini dell’accesso ai concorsi presso il Servizio sanitario nazionale e vigilanza sull’Ordine nazionale degli psicologi). – Comma 1 . I titoli di specializzazione rilasciati ai sensi dell’articolo 3 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, e il riconoscimento di cui al comma 1 dell’articolo 35 della medesima legge, e successive modificazioni, sono validi quale requisito per l’ammissione ai concorsi per i posti organici presso il Servizio sanitario nazionale, di cui all’articolo 2, comma 3, della legge 29 dicembre 2000, n. 401, fermi restando gli altri requisiti previsti. Comma 2. L’articolo 29 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, è sostituito dal seguente: “Art. 29. - (Vigilanza del Ministro della salute). – 1. Il Ministro della salute esercita l’alta vigilanza sull’Ordine nazionale degli psicologi“.

    [8] Sezioni Unite della Cassazione, Sentenze nr. 26972, 26973, 26974, 26975.





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