Bioplastica: l'illusione verde
I grandi sforzi in tutto il mondo, dai supermercati all'industria, di sostituire la plastica oleosa convenzionale con la "bioplastica" sta causando problemi ambientali e confusione nei consumatori, sostiene uno studio de Il Guardian, quotidiano britannico, il quale critica tutti i progetti avviati per sostituire pacchetti, contenitori di plastica tradizionale con plastica biodegradabile, che si ricava da mais, canna da zucchero o grano.Anche la bioplastica, quella derivata dalle piante invece che dal petrolio, resta dunque un'illusione verde che può danneggiare l'ambiente.
Se infatti le emissioni di anidride carbonica vengono ridotte durante lo smaltimento delle bioplastiche, molte bioplastiche, dice il Guardian, hanno invece bisogno di alte temperature per decomporsi, ed emettono metano, un gas serra molto più potente dell'anidride carbonica (o biossido di carbonio).
Inoltre, la plastica bio ha un mercato ancora ridotto ma registra un incremento del 20, 30 per cento annuo e rischia di aggravare la crisi alimentare mondiale, facendo lievitare i prezzi di materie prime come il mais e il grano, adoperati per trarne benzina verde.
Gli ambientalisti italiani di Lega Ambiente ridimensionano l'allarme che arriva da Londra. Non si producono quantità tali di bioplastica da mettere in crisi l'alimentazione, dicono, e l'alternativa rimane la plastica derivata dal petrolio, non degradabile e molto più nociva per l'ambiente.
From Wikipedia: " Le bioplastiche possono ridurre la disponibilità di derrate alimentari, se prodotte a partire da prodotti agricoli come il granturco. La plastica tradizionale viene "arricchita" e resa "bio" con sostanze quali l'amido di granturco".
Fonte: Professor ECOS
Sacchetti di plastica riciclabili? "Una puttanata". Il chimico Federico Valerio critica Realacci
I furbetti degli inceneritoroni
di
Federico Valerio
In una società realmente in equilibrio con le risorse del Pianeta i
sacchetti usa e getta per portare a casa la spesa sono un oggetto da
abolire o da far pagare a caro prezzo, quello equivalente al pesante
impatto ambientale che essi creano anche se sono biodegradabili.
Su La Repubblica di sabato 20 ottobre 2007 un bell'articolo di Enrico
Franceschini sul villaggio inglese, Modbury, che si è fatto un nome con la
scelta di bandire tutti i sacchetti di plastica sul suo territorio,
sostituiti da sportine di carta e cotone.
Invece, decisamente deprimente la lettura, nella stessa pagina, della
finestra dedicata alle scelte italiane su questo stesso argomento, a firma
di Antonio Cianciullo.
La rivoluzione italiana ai sacchetti di plastica sarà quella preannunciata
da Ermete Realacci, ministro all'ambiente in pectore del prossimo governo
Veltroni: i sacchetti di plastica saranno sostituiti da sacchetti di
biopolimeri, secondo il brevetto Novamont che con mezzo chilo di mais ed
un chilo di olio di girasole produce 100 sacchetti biodegradabili.
L'articolo sottolinea che entusiasti dell'idea anche gli agricoltori che
stimano che per produrre le 300.000 tonnellate di bioplastiche che
dovranno sostituire le equivalenti tonnellate di polietilene oggi usate
per produrre 15 miliardi di sacchetti basta coltivare a mais e girasole
200.000 ettari di terreno.
Questa soluzione viene spacciata per ecologica invece è una "puttanata"
(scusate l'espressione poco scientifica) in quanto di ambientale non ha
proprio un bel niente.
In una società realmente in equilibrio con le risorse del Pianeta i
sacchetti usa e getta per portare a casa la spesa sono un oggetto da
abolire o da far pagare a caro prezzo, quello equivalente al pesante
impatto ambientale che essi creano anche se sono biodegradabili.
L'onorevole Realacci ha un'idea di quanto combustibile fossile, quanta
acqua, quanti fertilizzanti, quanti pesticidi ci vuole per coltivare
200.000 ettari a mais e girasole, necessari per produrre 300.000
tonnellate di bio-plastiche usa e getta?
Qualcuno ha fatto i conti di quanta anidride carbonica viene rilasciata
durante queste fasi di lavorazione e in quelle necessarie per passare dal
mais al polimero finito?
L'unico serio utilizzo delle plastiche bio-degradabili è che queste devono
sostituire le attuali pellicole e vaschette di plastica utilizzate per
confezionari alimenti.
E' anche necessario che questi materiali biodegradabili, necessariamente
monouso, e comunque anch'essi riducibili con una intelligente
riprogettazione dei sistemi di distribuzione ed imballaggio, possano
essere facilmente individuati come materiali compostabili da raccogliere
in modo differenziato, insieme alla frazione umida, per avviare il tutto
al riutilizzo, rigorosamente ed esclusivamente sotto forma di compostaggio
o di fermentazione anaerobica.
Precisare che i trattamenti finali per le bioplastiche devono essere solo
tecniche di trattamento biologico non è casuale.
C'è una subdola conseguenza della scelta promossa dall'onorevole Realacci:
la sostituzione delle attuale 300.000 tonnellate di sacchetti in plastica
di sintesi, con 300.000 tonnellate di sacchetti di bioplastiche farà
diventare quest'ultimi biomasse.
A questo punto, in base ai nuovi accordi, la loro combustione si potrà
leggittimamente avvalere dei soliti famigerati certificati verdi, a cui si
aggiungeranno anche i contributi CONAI, in quanti i sacchetti sono degli
imballaggi e la loro combustione, per legge, è una forma di riciclo.
Segnalo infine un altro problema che i sacchetti biodegradabili hanno:
sono incompatibili con la raccolta differenziata delle plastiche
finalizzate al riciclo di quest'ultime.
Questo significa che scarti di polietilene mescolati a scarti di
biopolimero tipo mater-bi non possono essere più riciclati come materie
plastiche ed è impensabile separare i due materiali.
Unica soluzione mandare il tutto ai "termovalorizzatore"!!
Per cortesia qualcuno fermi questa follia!
Fonte: //lists.peacelink.it/news/2007/10/msg00065.html