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Ma la Materia Prima biodegradabile e Compostabile è sufficente per la domanda attuale e futura?

L'addio agli shopper divide l'industria

È polemica sugli shopper di plastica biodegradabile. I produttori dei sacchetti convenzionali in polietilene hanno dovuto pagare i costi di trasformazione delle macchine per la produzione e si ritrovano ad affrontare, secondo quanto è emerso in una vivace riunione della Federazione Gomma Plastica tenutasi ieri a Milano, uno "shortage" della materia prima, oltre a ritrovarsi spesso i magazzini pieni di sacchetti "non bio" invenduti. Chi produce invece la materia prima (in Italia, la Novamont di Novara, dove nasce la famiglia di bioplastiche Mater-Bi) dice che a tutt'oggi non vi sono stati problemi di fornitura e che comunque tutto, dopo qualche mese di necessario adattamento, andrà per il meglio.
Per Angelo Bonsignori, direttore generale della Federazione Gomma Plastica di Confindustria, che rappresenta i produttori dei sacchetti, il problema principale è quello della fornitura della materia prima per "confezionare" i sacchetti ecologici. «La produzione totale di materiale è prevista per il 2011 di 120mila-130mila tonnellate, ma verrà raggiunta solo tra qualche mese. Attualmente è di 80mila tonnellate. In ogni caso, stiamo parlando di cifre del tutto insufficienti per le società di produzione, che hanno bisogno di circa 200mila tonnellate annue di materia prima. Inoltre, il costo di riadattamento degli impianti per produrre con il nuovo materiale bio è tra i 30 e i 50mila euro. Di fatto – lamenta Bonsignori – c'erano a disposizione tre anni per realizzare un decreto che avrebbe consentito una transizione morbida, ma nulla è stato fatto, nonostante noi come associazione fossimo intervenuti con il ministero dello Sviluppo economico fin dai primi mesi del 2010. Ma la situazione è stata gestita "all'italiana"».
Durante la riunione in Federazione Gomma Plastica, i produttori – tutte società di piccole-medie dimensioni, con un numero di dipendenti variabile tra meno di dieci a poco più di una cinquantina; in totale il comparto dà lavoro a circa 4mila persone, senza contare l'indotto – hanno detto che la situazione non è sostenibile, e rischia di rendere necessari anche dei provvedimenti a livello occupazionale, come la cassa integrazione. Per esempio, una ditta con qualche decina di dipendenti sostiene di aver avuto ordini per 200 tonnellate di sacchetti già in questi giorni, a fronte di una disponibilità di materia prima solo per 25 tonnellate.


Catia Bastioli, invece, amministratore delegato della Novamont, società che produce il Mater-Bi, con un fatturato 2010 intorno ai 90 milioni di euro, è esplicita: «Per lo shortage di materiale: finora, non mi risulta che noi abbiamo mandato indietro nessun cliente senza la sua fornitura. La produzione attuale è di 80mila tonnellate/anno, e da marzo potremo aumentare ancora di altre 50mila tonnellate. E poi, esistono altri tre produttori. Inoltre, bisogna considerare anche il fatto che chi realizza i sacchetti dovrà giocoforza cambiare i modelli realizzati». Ancora più secca la risposta per quanto riguarda i costi di trasformazione degli impianti: «A quanto mi risulta, non sono mai stati necessari interventi dal costo di più di 10mila euro. Mi pare che qui qualcuno abbia sbagliato un po' strategia: capisco contestare una legge, ma sperare che non diventi mai operativa...». Per il futuro della sua azienda, infine, Bastioli vede rosa: «Difficile fare previsioni per il 2011, ma l'aumento del fatturato dovrebbe essere intorno al 35%, senza contare gli eventuali effetti della legge sui sacchetti».

FONTE sole 24 ore

//www.ilsole24ore.com/art/economia/2011-01-06/laddio-shopper-divide-industria-064033.shtml?uuid=AYBAcYxC&fromSearch