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NESSUNO E’ PERFETTO: BAMBINI CON FUNZIONAMENTO COGNITIVO LIMITE

A cura della dott.ssa Viviana d’Orio


Si lvia ha 9 anni e frequenta la quarta elementare. Ha sempre avuto qualche difficoltà a scuola: gli insegnanti dicono di lei che “è lenta, bisogna spiegarle le cose più volte; si applica nelle cose che fa e alla fine impara ad usare meccanicamente concetti e procedure che non richiedono particolari doti astrattive. Legge e scrive come un’alunna di terza elementare con qualche difficoltà nella comprensione del testo scritto e nel mantenere l’attenzione costante”. Nei primi anni di vita ha avuto qualche difficoltà di pronuncia e ora sembra utilizzare un linguaggio un po’ povero per la sua età. Ha un temperamento mite, non ha mai manifestato problemi comportamentali eclatanti, chiacchiera con tutti fino a diventare, a volte, dispersiva. Quando le viene proposta qualche attività un po’ più complessa, mostra segni di insofferenza, sbuffa, abbandona subito il compito e il suo solito sorriso…”Bisogna avere molta pazienza con lei” è ciò che genitori e insegnanti condividono nel rapportarsi quotidianamente con Silvia. Alla Scala WISC-III ottiene un QI generale di 76 senza particolari discrepanze .


Silvia è quella che potremmo definire una bambina con funzionamento cognitivo borderline o limite; cioè, il suo Quoziente Intellettivo, misurato con reattivi di livello standardizzati, oscilla tra 70 e 85. Questo significa che non ha un ritardo mentale, perché il suo QI non è inferiore a 70 e quindi non cade significativamente sotto la media, ma neppure un’intelligenza normale poiché questa, per definizione, si colloca tra 90 e 110. Nella pratica clinica vengono utilizzati diversi strumenti per la misurazione dell’intelligenza. Si tratta di test costituiti da una serie di prove che vengono selezionate dopo studi di validazione condotti su ampi campioni di popolazione. Le prove così selezionate sono molto eterogenee per rispondere alle molteplici sfaccettature dell’intelligenza, concetto tutt’altro che riconducibile ad un’unica definizione. Per tanto, si hanno prove verbali, di ragionamento, di risoluzione di problemi pratici, di memoria e tutte, nel loro complesso, concorrono nel fornire un valore rappresentativo delle capacità intellettive generali. Alcuni tra i test più utilizzati sono le Scale di Wechsler. Il funzionamento intellettivo limite è caratterizzato non soltanto da un valore numerico che lo identifica tramite la prestazione ad un test ma anche da una più o meno significativa limitazione del funzionamento adattivo. Con il termine funzionamento adattivo vengono indicati tutti quei comportamenti che permettono ad un individuo di adattarsi al contesto in cui vive e di rispondere alle esigenze ambientali elaborando, analizzando e infine scegliendo la risposta comportamentale che risulti maggiormente adeguata. Questa capacità è legata a diversi fattori, tra questi l’intelligenza assume un ruolo determinante. E’ evidente, pertanto, che quando il funzionamento intellettivo non è propriamente nella norma si possono avere carenze in ambiti quali l’autonomia personale, la comunicazione, la cura di se stessi, le abilità sociali, le abilità accademico-scolastiche, le abilità lavorative, la capacità di usare le risorse della comunità o le abilità relative alla gestione del tempo libero.


Che problemi potrebbe avere una bambina come Silvia ? Sicuramente mostra qualche difficoltà a scuola, alcuni momenti di calo dell’attenzione, qualche comportamento oppositivo in determinate circostanze e un abbassamento della stima di sé che potrebbe anche trasformarsi in episodi depressivi.


Il quadro che ci si prospetta quando parliamo di funzionamento cognitivo limite è estremamente eterogeneo. In alcuni casi, ciò che emerge è una ipoevoluzione nell’organizzazione cognitiva, immaturità psicoaffettiva e difficoltà ad acquisire un pensiero flessibile fondamentale per risolvere operazioni mentali complesse, a scuola come nella vita. In altri casi invece, la compromissione maggiore può riguardare l’area del linguaggio, trasversale a tutti gli apprendimenti scolastici, a fronte di buone prestazioni in compiti e attività che richiedono velocità e precisione.


Si potrebbe essere tentati a pensare che una bambina coma Silvia presenta tanti piccoli problemi, nessuno con un vero e proprio significato clinico. Tutto il quadro sembra collocarsi all’interno di un limbo, una zona di confine tra “normalità” e “patologia” o “disabilità”, una zona grigia che diventa tanto più pericolosa quanto più i problemi che si collocano al suo interno appaiono sfumati. La pericolosità di questa situazione deriva dal fatto che, in assenza di un quadro francamente patologico o di una disabilità mentale conclamata, molti professionisti potrebbero essere tentati dall’idea che “non vale la pena occuparsene”. In realtà, queste situazioni limite nascondono molte insidie e difficoltà; potrebbero, ad esempio, esporre il bambino all’insuccesso scolastico che, se frequente e protratto nel tempo, potrebbe contribuire alla formazione di una immagine stabile di se stessi come perdenti non solo a scuola ma estesa anche ad altri ambiti quali il gioco, il gruppo dei pari o la vita in generale.


In letteratura, purtroppo, non ci sono molti dati sugli interventi e sulla prognosi di questi bambini. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che il funzionamento cognitivo limite nel DSM – IV, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, non viene identificato come un vero e proprio disturbo mentale ma appartiene appunto a quelle condizioni che possono diventare oggetto di attenzione clinica pur senza rappresentare un vero disturbo. Il DSM dedica solo poche righe alla descrizione di questa condizione.


Di solito, si è portati a pensare che crescendo, questi bambini tendono spontaneamente ad adattarsi alle richieste dell’ambiente e diventano degli adulti normali. E’ infatti vero che si tratta di lievi disturbi dell’intelligenza ma, proprio perché lievi, essi vengono frequentemente trascurati. Eppure, queste situazioni limite sono inaspettatamente frequenti e i bambini che presentano queste caratteristiche potrebbero avere un certo bisogno di essere aiutati. Ad esempio, l’abbassamento dell’autostima è un rischio sempre in agguato per questi bambini che, in assenza di un intelligenza francamente deficitaria, sono in grado di comprendere che non sempre riescono a fare le cose bene come gli altri. A ciò si potrebbero aggiungere il disorientamento dei genitori di fronte ad un problema che non è un vero e proprio problema o la preoccupazione di difendere e proteggere il proprio figlio, percepito come più debole degli altri, da tutti i pericoli che potrebbe trovare nel mondo. Diventa, quindi, molto importante, non lasciare da soli questi bambini e chi gli sta accanto con i piccoli problemi che, se non adeguatamente affrontati, potrebbero diventare ostacoli.


L’acquisizione di abilità strategiche di pensiero, lo sviluppo della metacognizione, la conquista di una modalità operativa autonoma nelle attività didattiche o l’acquisizione di maggiore scurezza personale potrebbero essere solo alcuni dei traguardi che questi bambini, con il giusto supporto psicoterapeutico e/o riabilitativo, possono raggiungere con successo.


BIBLIOGRAFIA


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