Il licenziamento ingiusto: impugnazione e risarcimento del danno : come tutelarsi
Condizioni di validità del licenziamento
Il licenziamento è valido se è (art. 2, co. 2° L. n. 108/1990):
- giustificato
- comunicato al lavoratore in forma scritta
Affinchè il licenziamento sia "giustificato" e, quindi, valido, è necessario che il datore indichi per iscritto i motivi dello stesso. Se la motivazione non è indicata nella lettera di licenziamento, il lavoratore ha il diritto di chiederla entro quindici giorni dalla comunicazione del licenziamento stesso.
A seguito della richiesta del lavoratore, il datore avrà sette giorni di tempo per comunicare i motivi.
Il preavviso di licenziamento
Il datore che intende licenziare un dipendente deve comunicargli un preavviso di licenziamento in modo che il lavoratore abbia il tempo di cercare un'altra occupazione.
Il periodo minimo del preavviso è stabilito dai Contratti Collettivi Nazionali per ogni livello di inquadramento. Tale periodo può essere aumentato dalla trattativa individuale in sede di assunzione. Se al riguardo non è specificato nulla nel contratto individuale, si applica il termine minimo previsto dal CCNL di categoria.
Se non viene rispettato il periodo di preavviso il datore licenziante dovrà corrispondere alla controparte un'indennità di mancato preavviso, pari alle mensilità previste.
L'indennità non è dovuta nel caso di licenziamento per giusta causa o per verbale di accordo fra le parti.
Quando il licenziamento può considerarsi illegittimo?
Il licenziamento è illegittimo se non è sorretto da una giusta causa o da un giustificato motivo (che devono essere indicati per iscritto dal datore, come abbiamo detto sopra), oppure se è stato intimato in violazione della prescritta procedura, o ancora se è contrario a norme imperative.
Ad esempio è nullo il licenziamento:
- intimato alla lavoratrice madre, nel periodo compreso tra l'inizio della gravidanza e il compimento del primo anno di vita del bambino (art. 54 d.lgs. 151 del 2001)
- intimato al lavoratore padre, in caso di fruizione del congedo di paternità, per la durata del congedo e fino al compimento del primo anno di vita del bambino
- intimato per appartenenza ad un sindacato o partecipazione ad uno sciopero, ovvero per motivi di discriminazione politica, religiosa, razziale, di sesso, di lingua, di nazionalità, di età, ovvero legati ad un handicap, all'orientamento sessuale, alle convinzioni personali (art. 15 l. 300 del 1970; art. 3 l. 108/90; art. 4 l. 604/66)
- intimato per rappresaglia o altro motivo illecito (art. 1345 c.c.)
- licenziamento intimato alla lavoratrice a causa di matrimonio (l. 7 del 1963)
- "simulato" con le dimissioni coartate (nullo ai sensi della legge n. 188/2007)
Come tutelarsi a fronte di un licenziamento illegittimo?
Se il lavoratore ritiene illegittimo il licenziamento, può impugnarlo entro sessanta giorni dalla sua comunicazione o dalla comunicazione dei motivi, se successiva.
Il termine di sessanta giorni è previsto a pena di decadenza. Se non viene rispettato, si decade dalla possibilità di richiedere al Giudice del lavoro l'accertamento della illegittimità del provvedimento datoriale ed il risarcimento conseguente.
L'impugnazione va fatta in forma scritta.
E' opportuno inviare al datore una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno per avere la prova della data di spedizione, al fine della verifica del rispetto del termine su indicato (fa fede il timbro postale sulla ricevuta di spedizione).
Impugnato tempestivamente il licenziamento, il lavoratore ha cinque anni di tempo per iniziare la causa contro il datore di lavoro, con ricorso al Tribunale in funzione di Giudice del lavoro.
Ad ogni modo, prima di ricorrere al Giudice, il lavoratore deve tentare la conciliazione extragiudiziale col datore, così come impone la legge.
Le parti, in alternativa, possono scegliere di affidare la decisione sulla legittimità del licenziamento ad un collegio arbitrale, previsto dal c.c.n.l.